Ci mancava. Ne avevamo assolutamente bisogno. Peccato che a firmarlo sia stato James Erskine, un regista inglese, e non un cineasta nostrano. Erskine, grazie ad immagini di repertorio, ad interviste ad amici e familiari, confeziona un documentario poetico e commovente che ripercorre le gesta di Pantani, soprannominato “il pirata”, uno dei più grandi ciclisti di tutti i tempi. Ma il pregio maggiore del documentario è che, con spietata freddezza, afferma che “il pirata” fu vittima di un complotto, ordito dai team avversari, stufi di vederlo sfrecciare sempre primo al traguardo. Il regista sottolinea più volte, nel corso della sua accurata e fedele ricostruzione, quanto fosse elevato il giro d’affari intorno alle corse ciclistiche e come fossero affamati gli sponsor che investivano montagne di soldi per vedere il loro marchio reclamizzato ed in bella mostra in TV.
Pantani era però uno di quelli che amava vincere, che non accettava combine e compromessi. Di qui, l’idea del tranello e della sua clamorosa esclusione al Giro d’Italia, dove fu trovato con un ematocrito troppo alto.
Paul Erskine non vuole santificare Pantani, non glissa sulla sua discesa negli inferi che lo portò a fare uso di cocaina ed a morire per overdose, da solo in una camera d’albergo, ma lo descrive come una vittima di un sistema corrotto, finanziato dallo Stato e dai dirigenti dei team, come uno strumento di un sistema sportivo malato. Tra gli intervistati anche un commosso Diego Armando Maradona che ci regala una lucidissima analisi su chi furono i mandanti che decretarono la morte de “il pirata”.
Recensione pubblicata su Segno Cinema N. 189- Sett-Ott -2014
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