Per le antiche scale di Mauro Bolognini -1975 – Durata 115′

27 Dicembre 2021 | Di Ignazio Senatore
Per le antiche scale di Mauro Bolognini -1975 – Durata 115′
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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La vicenda, ambientata negli Anni Trenta, immersa in un clima di decadente disfacimento, ruota intorno alla contrapposizione tra il dottor Bonaccorsi (Marcello Mastroianni), primario di un manicomio di provincia, dedito alla ricerca dell’agente eziologico della pazzia, e la dottoressa Anna Bersani (Francoise Fabian), portatrice di una visione meno biologica della malattia mentale, che si batte per l’umanizzazione del trattamento dei pazienti manicomializzati.

Per tutto il film Bonaccorsi, ossessionato dall’idea di poter essere lui stesso folle, (il padre è morto suicida ed una sorella è ricoverata nello stesso manicomio) prova a convincere la giovane dottoressa che i “matti” sono affetti da una malattia inguaribile, trasmessa loro attraverso un virus e che non esiste nessuna altra possibile causa etiologica della pazzia. 

Dopo essersi illuso di aver scoperto il bacillo della schizofrenia, sul finale, crollate le sue già precarie convinzioni scientifiche, per paura di impazzire, abbandona il manicomio.

Il film, ispirato allo sbadigliante romanzo di Mario Tobino, si apre con una festa in maschera di Carnevale, a cui prendono parte il personale sanitario e dei pazienti che sul palco, vestiti da Pierrot e da clown mettono in scena una piccola rappresentazione teatrale. 

Nel corso della narrazione Bolognini mostra i soliti pazienti cronici che urlano, sbraitano, si agitano e si aggirano a-finalisticamente in quelli enormi stanzoni, zeppi di letti disposti gli uni di fronte agli altri. Il manicomio è un grande casermone circondato da muri di cinta invalicabili, protetto da sbarre di ferro alle finestre e da spessi cancelli che separano i vari reparti.

Tra i trattamenti non possono mancare, naturalmente, le classiche camicie di forza, utilizzate per sedare i ricoverati agitati. La scelta di ambientarlo in pieno inverno rende ancora più gelida e fredda la narrazione, attraversata costantemente da un acre odore di morte.

Da un punto di vista stilistico la pellicola è abbastanza deludente e i diversi inserti erotici che mostrano il non più giovane dottor Bonaccorsi sedurre prima Carla (Barbara Bouchet), poi Francesca (Lucia Bosè) e, infine, Bianca (Marthie Keller), una dolce infermiera, sottolineano lo stato di decadenza e di degrado nel quale è scivolato non solo il primario del manicomio ma anche le donne, costrette, come lui, a vivere in manicomio.

Ad amplificare il quadro cupo, claustrofobico e senza speranza che si respira per tutto il film, sul finale, il suicidio di Francesca.

 

Per un approfondimento sui rapporti tra cinema e psiche si rimanda la volume di Ignazio Senatore “Cinema (italiano) e psichiatria), Zephyro Edizioni.

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