Melvin Udall (Jack Nicholson) scrittore di romanzi sentimentali, è patofobico e vive nel costante timore di contrarre infezioni.
Misantropo, antipatico, scostante ed insolente, ama ferire il prossimo con battute sprezzanti e taglienti.
L’unica che lo tollera è Carol (Helen Hunt), una cameriera di un piccolo bar-ristorante dove va a fare colazione ogni mattina.
L’incontro con Verdell, un tenero cagnolino di proprietà di Simon (Greg Kinnear), pittore gay di talento e suo dirimpettaio, gli scalda il cuore e gli permette di operare dentro di sé un radicale cambiamento.
Da quel momento in poi è più tenero con gli altri, si prende cura del figlio di Carol, un bambino malaticcio, affetto da asma cronico, diviene grande amico di Simon e scopre l’amore per Carol.
Pellicola politicamente scorretta che vira nel patetico e nel romantico-sentimentale.
Melvin è descritto come un soggetto che va in giro con i guanti, perché teme il contagio e le infezione, non tollera che gli altri lo toccano e per fare colazione si porta da casa le posate di plastica, convinto che quelle del ristorante non siano sufficientemente igieniche.
Più che puntare allo scavo psicologico del protagonista, il regista si limita a mostrare i rituali che Melvin mette in atto per tenere a bada le proprie ossessioni.
Il suo analista, il dottor Green (Lawrence Kasdan) non gli è molto d’aiuto ed i momenti più divertenti del film sono quelli che descrivono le cattiverie che Melvin mette in atto contro i vicini di casa; getta il cane di Simon nello scarico della spazzatura, si lascia andare a delle battutacce offensive e razziste nei confronti dei gay e dei neri e, con il suo atteggiamento provocatorio ed irriverente, sbeffeggia chiunque gli capiti a tiro.
Per tutto il film Melvin ha un’espressione quasi ottusa e sembra non comprendere che le sue frecciate avvelenano l’animo di chi li riceve.
Non manca qualche battuta salace; Melvin è avvicinato da una sua accanita lettrice che gli chiede come fa a descrivere le donne così bene, lui le risponde: “Penso ad un uomo e gli tolgo razionalità ed affidabilità”.
Brooks inzuppa però la vicenda nello zucchero ed il caustico e graffiante protagonista finisce per apparire come un vecchio ossessivo, mezzo rincitrullito.
Non convince, infine, la scelta del regista di arricchire l’intreccio narrativo con l’entrata in scena di Simon, descritto come il classico gay nevrotico e frustrato.
Da segnalare delle brevissime apparizioni dei registi Todd Solondz, Harold Ramis e Lawrence Kasdan. Due premi Oscar.
Questo sito utilizza strumenti di raccolta dei dati, come i Cookie. Questo sito utilizza Cookie tecnici e di terze parti per fornire alcuni servizi. Maggiori Informazioni
Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.