Un uomo (Charles Bronson) ritrovato su una spiaggia in uno stato confusionale non ricorda più nulla della propria identità. Ricoverato in ospedale è preso in cura dal dottor Laurence Jeffries (Anthony Perkins) valente psichiatra ed appassionato studioso della memoria, che si offre di accompagnarlo alla stazione. In gran segreto lo conduce, invece, nel proprio appartamento e, nel corso di una lunga chiacchierata, gli lascia credere di conoscere il suo passato e l’informa che è sposato con Frances (Ill Ireland), una donna che lo tradisce con Paul Damien (Henri Garcin). A queste rivelazioni lo sconosciuto appare sempre più teso e turbato e, su suggerimento del dottore, elimina il rivale. Frances si reca a casa del dottore e, nel corso di un acceso faccia a faccia, inizia a minare le certezze dello sconosciuto. L’uomo va in crisi, è fragile emotivamente, non regge il confronto ed è sul punto di strangolarla. Jeffries allora lo blocca e gli svela la verità; Frances è sua moglie e lui non è altro che un paziente, affetto da amnesia, fuggito dal manicomio criminale, colpevole di aver violentato e poi ucciso una donna sulla spiaggia.
Giallo un po’ macchinoso ma ben calibrato e carico di suspense che punta sull’astuta e calcolata freddezza di Jeffries che, possedendo fascino, carisma ed un’invidiabile dialettica, gioca con il gatto con il topo con il povero smemorato che, vittima degli eventi ed incapace di comprendere cosa realmente gli stia succedendo, diventa l’esecutore materiale della feroce vendetta ordita dal diabolico dottore.
Il regista mescola bene le carte e, nelle prime battute, Jeffries sembra uno psichiatra scrupoloso, esperto grafologo, intento a catalogare ed a schedare i disturbi di cui sono affetti i pazienti che ha in cura. Il finale, frettoloso ed un po’ troppo confuso, non pregiudica la fruizione del film che, nel complesso, data l’originalità della trama, avrebbe meritato un maggiore successo. Anthony Perkins nel ruolo dello psichiatra è un po’ ingessato ma se la cava con un po’ mestiere; Bronson, fin troppo imbambolato sullo schermo, non ha lo smalto di sempre. Dall’omonimo romanzo di Jacques Ronert.
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