Quarant’anni fa, il 27 gennaio, nella sua casa romana, ci lasciava il grande Peppino De Filippo. Nato a Napoli il 24.8.1903, figlio di Eduardo Scarpetta e Luisa De Filippo, più giovane di tre anni di Eduardo e di cinque di Titina, iniziò sin da giovanissimo a calcare il palcoscenico, fino a fondare nel ’31, con il fratello e la sorella, la “Compagnia Teatro Umoristico: i De Filippo”, esperienza interrotta nel ’44 per degli insanabili dissidi con Eduardo, che voleva essere l’unico capocomico. Si narra che Peppino un giorno si rivolse al fratello e gli disse”Eduà, se tu ti trovassi al posto mio, se ti vedessi trattato come sono trattato io, che faresti?” Eduardo gli rispose: “Me ne andrei” e Peppino abbandonò la compagnia.
Dopo anni di rivista con Totò, Sordi, Magnani e Brazzi, il suo esordio al cinema nel ’33 con “Tre uomini in frak” di Mario Bonnard e fu poi diretto dai grandi registi di quegli anni; Mario Camerini, Raffaello Matarazzo e Carlo Ludovico Bragaglia. Il 1950 in “Luci del varietà” segna il suo incontro con Federico Fellini, che lo dirigerà poi nell’episodio “Le tentazioni del dottor Antonio” in “Boccaccio 70.” Attore versatile, dall’aria bonaria e tranquilla, negli anni successivi, partecipò a diverse commedie dirette da Steno, Monicelli, Dino Risi, Mattoli, Sergio Corbucci e in due “musicarelli” per la regia di Lina Wertmuller Fedele alla sua idea: “Io posso fa ridere, ma se ho vicino a me uno che fa ridere più di me, anch’io faccio ridere di più”, Peppino divenne la “spalla” ineguagiabile di Totò e recitò nel ’56 al suo fianco in un paio di film, divenuti di culto, diretti da Camillo Mastrocinque: “Totò Peppino e la malafemmina”, “La banda degli onesti” e “Totò Peppino e i fuorilegge “e successivamente nel divertente “Totò Peppino e le fanatiche “(1958). Nel corso della sua luminosa carriera ebbe come registi Carlo Lizzani, Nanni Loy e Mauro Bolognini che lo volle in “Arrangiatevi” (1959) , film girato in un ex casa di tolleranza, l’anno dopo l’attuazione della Legge Merlin, che scatenò le ire dell’allora onorevole Michelini del MSI, che gridò allo scandalo, e litigò furiosamente con Peppino e Totò. La sua ultima apparizione al cinema fu in “Giallo napoletano” (1979) di Sergio Corbucci.
Autore di numerose piece teatrali (su tutte “Non è vero ma ci credo” e “Le metamordfosi di un suonatore ambulante”) e di alcuni volumi di poesie, Peppino accrebbe ancor più la sua popolarità nel 1966 con Gaetano Pappagone, un personaggio sempliciotto, da lui ideato per la trasmissione “Scala Reale”, amatissimo dai bambini perché tenero e disarmante e per quegli intercalari “ecque qua”, “pirichè” e “carta di dirindidà” che divennero un tormentone.
Una carriera folgorante la sua, macchiata (ahinoi) dalla patologica invidia di Eduardo nei suoi confronti. Il regista Carlo Ludovico Bragaglia, ricorda che quando i due fratelli recitavano insieme a teatro, ogni qual volta in “Natale in casa Cupiello”, Peppino, esclamava la battuta “a me o presepo nun me piace”, scatenando un fiume di applausi, Eduardo “é come se ricevesse dei colpi nello stomaco”. Questa sua gelosia, nei confronti del fratello minore è confermata da Tina Pica che per questo suo atteggiamento aveva soprannominato Eduardo ,“o diavolo.”
A sottolineare, invece, la generosità di Pappino è stato Christian De Sica che ha ricordato come, dopo la morte del padre, accanito giocatore, lui e la madre attraversarono un periodo di grande difficoltà economica. “Nessun collega ci aiutò. L’unico fu Peppino De Filippo, che in una lettera mi scrisse: “Ci sarà sempre per te un posto d’attore nella mia “Compagnia dei giovani”.
Articolo pubblicato su il Corriere del Mezzogiorno – 22-1-2020
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