Repulsion di Roman Polanski – G.B – 1965

5 Gennaio 2019 | Di Ignazio Senatore
Repulsion di  Roman Polanski – G.B – 1965
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Carol Ledoux (Catherine Deneuve), giovane manicurista, vive con Helen (Yvonne Furneaux), la sorella maggiore.

Quando Helen parte con Michael (Ian Hendry), per un viaggio in Italia, l’equilibrio psicologico di Carol, già precario, s’incrina irrimediabilmente e s’aggira, come un fantasma, per casa.

Immersa sempre più nelle nebbie dei propri pensieri, Carol, in preda a delle terrificanti allucinazioni visive, uccide Colin, il suo spasimante e il padrone di casa. Helen e Michael ritornano a casa e la trovano in uno stato di trance catatonica.

Il film si chiude con la foto di famiglia di Carol; un primissimo piano la ritrae mentre, con lo sguardo assente, fissa un punto lontano, nel vuoto.

In questo film “malsano”, ammantato di mistero e d’inquietudine, Polanski (Il coltello nell’acqua, Chiatown, Tess, Luna di fiele, a morte e la fanciulla, Il pianista, Carnage…) dissemina nell’arco della narrazione una serie di indizi che certificano, scena dopo scena, l’inarrestabile discesa negli inferi della giovane protagonista.

Le crepe del pavimento stradale e delle pareti del suo appartamento rinviano in maniera simbolica a quelle che lentamente e inesorabilmente si aprono nella sua mente.

Parimente significativa la scena che ritrae il suo turbamento mentre osserva i frammenti di pelle (rimando ulteriore del suo sfaldamento mentale) frutto del manicure fatto a una cliente.

Macchina a mano, Polanski insegue, ossessivamente, la protagonista inchiodando ripetutamente la macchina da presa sul suo volto incerto, spaventato e immobile.

Per aumentarne l’atmosfera claustrofobica e paranoica, il regista sceglie di girare il film quasi nella sua totalità nella casa in affitto dove abitano le sorelle, lasciando che il tempo, congelato e rarefatto sia scandito (per contrasto) ossessivamente dal ticchettio incessante di una sveglia.

Lo sviluppo della trama è ammantato di mistero, al punto che gli omicidi di Carol possono apparire come il frutto delle sue allucinazioni (in una scena lei sposta il cadavere di Colin nella vasca da bagno e in quella successiva la vasca è vuota).

Il titolo fa riferimento alle modalità sessuofobiche della protagonista che, sin dalla prima scena, mostra il proprio disagio nel trovare nel bagno lo spazzolino e il rasoio di Michael.

Polanski, dopo alcune pellicole dall’esito incerto, con questa pellicola anticipa le atmosfere maledette e oniriche de L’inquilino del terzo piano e di Rosemary’s baby.

Girato in bianco e nero da favola, e secondo i dettami del classico psico-horror, scritto da Gerard Brach, è il primo lungometraggio che il regista girò fuori dalla Polonia. Polanski lo ambienta a Londra, ma non offre nessuno squarcio turistico della capitale inglese che appare, quasi di sfuggita, ritratta all’interno d’anonimi pub e di strade sconosciute. Per rendere ancora più credibili le allucinazioni di cui è affetta Carol, Polanski fece uso di lenti grandangolari e, per alterare le dimensioni dell’appartamento e dilatare le stanze e i corridoi, progettò con lo scenografo che le pareti venissero spostate e allungate mediante dei pannelli aggiuntivi. Il film è una gioia per gli occhi, ma è da incorniciare la scena che mostra Colin, lo sfortunato spasimante, che bacia Colin; lei, per reazione, apre di scatto la portiera della macchina e per togliersi di dosso quella sensazione di “sporco”, va di corsa in bagno a lavarsi i denti con il dentifricio. Ancestrali le musiche di Chic. Vincitore di un Orso d’argento a Berlino.

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