Rosso d’autunno di Bruce Beresford – USA – 1994 – Durata 101’

26 Giugno 2022 | Di Ignazio Senatore
Rosso d’autunno di Bruce Beresford – USA – 1994 – Durata 101’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
0

Nel giorno di Hallowen, un duplice ed efferato omicidio sconvolge la vita di una tranquilla città del Maryland. I coniugi Warren sono accoltellati selvaggiamente nella loro camera da letto. La polizia, giunta sul posto, scopre che gli unici testimoni del delitto sono i figli della coppia; Tim (Ben Faulkner) un bambino autistico di nove anni, trovato con un coltello insanguinato in mano, e Silvie (Liv Tyler) un’affascinante e sensuale adolescente che dichiara di non ricordare nulla dell’accaduto. Mitch (J. T. Wlash), lo sceriffo della Contea, ritenendo che Silvie non era presente sulla scena del delitto, punta sulla testimonianza del piccolo Tim ed interpella il dottor Jack Reiner (Richard Dreyfuss) uno psichiatra, ormai in pensione, esperto d’autismo infantile. Il dottore dapprima rifiuta di occuparsi del caso ma poi, avendo saputo che il bambino é caduto nelle grinfie del dottor Renèè Hallinger (John Lithgow), un collega cinico e spietato, accetta l’incarico. Reiner ospita i due ragazzi nel proprio appartamento e, quando il piccolo Tim sembra aver irrimediabilmente seppellito nella propria mente i terribili ricordi di quella notte, il valente psichiatra, sul finale, riannoderà i fili della vicenda.

Beresford confeziona un thriller onesto, ma privo di folgorazioni visive, e lo infarcisce con una serie di colpi di scena ad effetto che svelano tradimenti, violenze sessuali e torbide complicità. Tim è descritto come un bambino dotato di un alto grado di manualità, che non ride, non piange e non è in grado di accedere alle proprie emozioni. Metodico e pervaso da un assetto ossessivo, non mangia piselli ed altri cibi rotondi e se, per dispetto, qualcuno prova a metterli nel suo piatto, reagisce con una furiosa crisi pantoplastica. Tenero ed indifeso, di tanto in tanto, come in trance, produce con un vocione, le frasi shock del padre e della madre, udite in quella tragica notte. Al dottore Reiner il compito di discettare sulla malattia di cui è affetto il piccolo protagonista e, nel corso del film, dichiara: “La maggior parte della gente vede la biologia dell’autismo e basta. Lo vedono come un difetto cerebrale. Io credo che sia una grande, sconvolgente paura del mondo intero. C’è un bambino lì dentro, ma si trova intrappolato dietro a un muro e il fatto che sia intrappolato, lo riempie di terrore. Per esempio il suo non obbedire agli altri è solo paura di rinunciare alla sua libertà e il fatto che non usi la sua voce è perché lui si sente più al sicuro quando è un altro perché quando usi la tua vera voce, tu esprimi quello che sei veramente dentro di te.” Il regista punta sulla forzata contrapposizione tra Reiner, psichiatra acuto ed empatico (aveva messo in piedi un Centro di terapia di gruppo per giovani pazienti problematici ma, dopo la morte di Billy, un paziente autistico, aveva smesso di curare bambini) e Renèè Hallinger, un duro ed insensibile collega, fedele ad un approccio biologista, che ricovera il piccolo Tim e lo rinchiude, in una cella spoglia ed angusta, “annodandolo” con una anacronistica camicia di forza.  Liv Tyler, futura protagonista di “Io ballo da sola” di Bernardo Bertolucci, compare per la prima volta sullo schermo. Sceneggiato da Akiva Goldsman, futuro autore dello script di “A beautiful mind”.

Comments are closed.

Questo sito utilizza strumenti di raccolta dei dati, come i Cookie. Questo sito utilizza Cookie tecnici e di terze parti per fornire alcuni servizi. Maggiori Informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi