Sessant’anni fa veniva proiettato nelle sale “Il giudizio universale”, capolavoro diretto da Vittorio De Sica e sceneggiato da Cesare Zavattini, duo da Oscar che aveva già stupito il mondo con “Sciuscià”, 2ladri di bicicletta”; “Miracolo a Milano” e “Umberto D”.
La vicenda è nota. Una voce maschile, molto profonda, che sembra provenire dall’alto dei cieli, squarcia l’apparente serenità dei napoletani con un misterioso: “Alle 18 inizia il giudizio universale”. Inizialmente, nessuno ci fa caso; un vedovo (Fernandel) prova a sedurre una bionda avvenente; uno scaltro avvocato (lo stesso De Sica) in tribunale difende un imbroglione che ha venduto a degli sprovveduti i titoli di commendatore e grande ufficiale; un marito (Paolo Stoppa) scopre che la moglie (Anouk Aimée) lo tradisce con un uomo più giovane; un trafficante di bambini (Alberto Sordi), in cambio di denaro, ha acquistato dei bambini da alcune famiglie povere e li spedisce su una nave dove li attendono i ricchi genitori adottivi americani; una coppia (Jack Palance e Silvana Mangano) sono in compagnia di amici in un panoramico appartamento di Posillipo; un cameriere (Nino Manfredi) è licenziato su due piedi per colpa di uno spocchioso ambasciatore.
La voce misteriosa, sempre con maggiore insistenza, ricorda che sta approssimarsi la fatidica ora e i diversi personaggi, sempre più preoccupati, iniziano a fare i conti con la propria coscienza e, sommersi da sensi di colpa, sono spinti a rivelare segreti e a chiedere perdono per gli errori commessi. Come d’incanto ha inizio il giudizio universale e “la voce” chiama ad uno ad uno, in rigoroso ordine alfabetico, gli abitanti della Terra…
In questo film corale, prodotto da Dino De Laurentiis, De Sica e Zavattini mescolano diverse storie e lasciano che il tono ironico e scanzonato della prima parte venga sostituito da quello più cupo e claustrofobico della seconda. Teatro della grottesca e surreale vicenda una Napoli in un bianco e nero da favola che si colora nella scena finale del ballo al San Carlo.
Non mancano, secondo la critica, i nei. De Sica, infatti, eccede nel folklore e nei luoghi comuni e mostra una città “pezzente” che sembra appena uscita dal dramma della Seconda Guerra Mondiale. Inoltre, scadendo di tono, affastella la narrazione con delle “scene madri” lacrimevoli e fin troppo sentimentali. Da segnalare questo gustoso aneddoto sul film riportato da Ugo Gregoretti: “Vittorio De Sica doveva girare Il giudizio universale e cercava disperatamente una bell’abitazione con vista sul mare. Io ero alle prime armi e bazzicavo un po’ il mondo del cinema. Non so come sia venuto a sapere che i miei genitori vivevano a Napoli in una casa che era ideale per le riprese. Si presentò a casa di mia madre con una sua fotografia autografata su cui scrisse: “Alla bellissima signora Valentina, nonché madre del giovane regista Ugo.” Mia madre che non conosceva il trambusto di un set, fu lusingata di offrire l’appartamento al grande regista. Il primo giorno era emozionata, il secondo disperata, il terzo pianse.”
Articolo pubblicato su Il Corriere del Mezzogiorno – 9.2.2021
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