Shine di Scott Hicks – Australia – 1996 – Durata 105’

6 Ottobre 2020 | Di Ignazio Senatore

Il piccolo David (Alex Rafalowicz) è un pianista prodigio ma Peter (Armin Mueller Sthal) suo padre, un uomo tirannico, severo ed autoritario, vuole che bruci le tappe e gli impone di cimentarsi nell’esecuzione di brani sempre più complessi e difficili. Nel corso di un saggio scolastico David è notato da Ben Rosen (Nicolas Bell) e sotto la sua guida affina ancora di più il proprio talento fino a vincere una borsa di studio per il Royal College of Music di Londra.

Sommerso da idee paranoiche e sempre più convinto che il mondo esterno, crudele e minaccioso, stritoli il figlio, Peter gli pone un aut-aut; se va via non potrà più mettere piede in casa. David decide di partire e s’impegna allo spasimo per migliorare il proprio talento artistico. Sempre più teso e stressato, nel corso del saggio di fine anno, mentre sta eseguendo il concerto N.3 di Rachmanivov, crolla.

Ricoverato in una clinica psichiatrica gli è imposto di non suonare più il piano. Passano gli anni e David (Geoffrey Rush) divenuto adulto sembra uno svitato che ha perso completamente contatto con la realtà.  Grazie al calore ed alla simpatia dei gestori di un piccolo locale, riprende timidamente a strimpellare il piano e conosce Gillian (Lynn Redgrave) un’astrologa che gli infiamma il cuore. In un finale strappalacrime David riesce finalmente a suonare il suo odiato/amato concerto N. 3 di Rachmanivov.

Confezionato in maniera smaccata per sbancare nella notte degli Oscar, il film è ispirato alla vita di David Helfgott (che suona lui stesso i brani eseguiti nel film) un pianista geniale con la mente ridotta ad un colabrodo. La vicenda si apre con David, inebetito, che cammina per strada sotto un diluvio.

Un flashback ci riporta alla sua tribolata infanzia ed alla sua incapacità di tener testa al padre, un uomo dal carattere forte che negli anni esercita su di lui un controllo autoritario ed asfissiante. Il regista tralascia di mostrarci l’adolescenza di David e lo presenta ormai adulto e completamente corroso dalla follia. Nel perfetto spirito hollywoodiano, l’interpretazione di David Helfgott, tutto smorfie e tic, gli valse l’Oscar nel 1996 come miglior attore protagonista

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