Sibilia e “L’incredibile storia dell’isola delle rose”

8 Ottobre 2019 | Di Ignazio Senatore
Sibilia e “L’incredibile storia dell’isola delle rose”
Senatore giornalista
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Sydney Sibilia lo ha promesso: “Il prossimo film lo girerò a Napoli”, ma in questi giorni è a Malta sul set de “L’incredibile storia dell’isola delle rose”.  Dopo aver raggiunto il successo di pubblico e di botteghino con “Smetto quando voglio” nel 2014, film con Edoardo Leo, Stefano Fresi, Valeria Solarino e i “napoletani” Libero De Rienzo e Sergio Solli, premiato con dodici candidature ai David di Donatello, un Nastro d’argento (come miglior commedia) e un Ciak d’oro, il talentuoso regista salernitano ha poi diretto il successivo “Smetto quando voglio ad honorem” (2017), vincitore di tre Nastri d’argento, e il sequel, girato nello stesso anno, “Smetto quando voglio Masterclass”, che ha raccolto altri tre Nastri d’Argento. Abbandonate le travolgenti malefatte degli scapestrati ricercatori universitari, protagonisti della sua trilogia, Sibilia, nel suo nuovo film narra l’utopistico progetto dell’ingegnere meccanico bolognese Giorgio Rosa, interpretato da Elio Germano, affiancato sul set da Matilda De Angelis, Fabrizio Bentivoglio, Luca Zingaretti, François Cluzet (l’irresistibile protagonista di “Quasi Amici”) e Thomas Wlaschiha di “Game of Thrones”. Giorgio Rosa, infatti, assieme ad altri tre ragazzi  riminesi, amici per la pelle, nel ’68, decise di costruire uno stato indipendente, su una piattaforma marina di acciaio e calcestruzzo, di quattrocento metri quadrati, oltre il limite delle acque territoriali italiane, al largo di Rimini, allo scopo di creare un comunità di artisti “dediti a pace, pittura, poesia e musica”.  Un professionista atipico, il signor Rosa che non mascherava le sue simpatia per la destra e che in passato si era arruolato anche nella Repubblica Sociale Italiana. Cullando il sogno di un “paradiso fiscale”, deciso ad andare fino in fondo al suo progetto, il 1 maggio del 1968, in una conferenza stampa annunciò la dichiarazione dì indipendenza. “L’isola delle rose” si era dotata, infatti, anche di un governo, composto da un residente del Consiglio e diversi ministri, una lingua ufficiale (l’esperanto), una moneta, un inno nazionale, uno stemma (tre rose rosse con gambo verde su un panno bianco), una stazione radiofonica e di un’emissione filatelica speciale. Come prevedibile, “L’isola” non fu mai riconosciuta da nessun Paese e il governo italiano poi intervenne e decise la demolizione della piattaforma. Una storia vera che andrà in onda su Netflix e che Sibilia rispolvera soprattutto per coloro che ignorano questa esperienza, caduta troppo precocemente nel dimenticatoio, figlia certamente di un’epoca popolata da inguaribili e romantici sognatori. Una figura controversa, quella di Rosa; per alcuni aveva sposato gli ideali di libertà, fratellanza e partecipazione e per altri aveva solo cercato di imbastire un business a fini turistici e commerciali. Prodotto da Groenlandia fondata dallo stesso regista con Matteo Rovere (regista di “Veloce come il vento” e “Il primo re”), le riprese dureranno dieci settimane e dopo Malta, riprenderanno a Roma e successivamente a Bologna e a Rimini.

Articolo  pubblicato su il Corriere del Mezzogiorno il 8-10-2019

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