Il romanzo La signora Dallowey di Virginia Woolf è il comune denominatore di tre storie di donne.
Nel 1941 Virginia Woolf (Nicole Kidman) fugge con il suo adorato Leonard dal clamore di Londra e si rifugia in campagna per cercare di combattere i fantasmi che le logorano la mente ma, incapace di tenerli a freno, dopo aver riempito le tasche dell’abito con delle pietre, si lascia annegare nell’Ouse.
Nel 1949 a Los Angeles Laura Brown (Julianne Moore) deve organizzare una festa per il compleanno del marito ma, dopo aver accompagnato, il figlio Richard da una vicina, con lucida determinazione, si reca in un hotel con l’intenzione di suicidarsi.
Dopo essersi sdraiata sul letto ed aver dato un’occhiata agli psicofarmaci che ha schierato in bella mostra sul comodino, inizia a leggere La signora Dallowey. Dopo essersi appisolata, al risveglio abbandona i propositi autodistruttivi, va a riprendersi Richie, lo riaccompagna a casa e fugge via senza lasciare traccia.
Nel 2000 a New York, Clarissa Vaughn (Meryl Streep) vive una tormentata storia con una donna ed è intenta a organizzare un ricevimento per il suo ex compagno Richard (Ed Harris), uno scrittore di successo, in fase terminale, colpito da AIDS. Dopo un duro faccia a faccia tra i due, Richard si lancia nel vuoto, prima che lei e gli altri suoi amici possano festeggiarlo. Sul finale si scopre che Richard era il bambino che Laura aveva abbandonato nel 1949.
Il regista mette in scena con eleganza e raffinatezza i destini di tre donne sensibili ed insoddisfatte che, con le unghie e con i denti, cercano disperatamente di rimanere attaccate alla vita.
Nel raccontare tre storie slegate tra loro, Doldry, grazie al montaggio alternato, compone una vicenda poco coesa e lo spettatore saltella, continuamente, da un’epoca all’altra.
La prima storia, inondata di una atmosfera solare e luminosa, contrasta con la scelta autodistruttiva di Virginia Woolf, una donna che lotta con forza per scacciare i demoni della follia che si sono impossessati della sua mente.
Il regista accenna solo vagamente ai precedenti ricoveri e tentativi suicidari di Virginia, ai suoi pregressi sbalzi d’umore e tiene così sottotraccia la sua follia che quando esplode lascia impietrito lo spettatore.
La seconda storia, struggente e melanconica, narra la disperazione di una donna che ha preso atto del fallimento della propria vita e che, trova dentro di sé un piccolo spiraglio per sopravvivere.
La terza. la più rabbiosa, è straripante di urla e rimpianti e sottolinea il dolore e la disperazione di Richard, un uomo che non vuole arrendersi alla morte.
La morte fa capolino costantemente nel film non solo perché si conclude il doppio suicidio di Virginia e di Richard ma perché anche Kitty, l’amica di Laura è destinata a morire perché “un’escrescenza” le sta crescendo nell’utero.
Da segnalare un piccolo cammeo di Jeff Daniels nella parte di Louis, amico gay di Richard e di Clarissa. Nicole Kidman irriconoscibile per il pesante trucco ed una protesi al naso.
Nove nominations all’Oscar. Dal romanzo Le ore di Michael Cuningham, vincitore di un premio Pulitzer. Colonna sonora di Philip Glass.
Da segnalare che il film si apre con la toccante lettera che Virginia invia a Leonard il suo affettuoso marito: “Carissimo, sono certo che sto impazzendo di nuovo. Sento che non possiamo affrontare un altro di quei terribili momenti. Questa volta non mi riprenderò. Comincio a sentire voci e non riesco a concentrarmi, quindi faccio quello che mi sembra la cosa migliore da fare. Tu mi hai dato la più grande felicità possibile.. So che ti sto rovinando la vita. Voglio dirti che devo a te tutta la felicitò della mia vita. Non posso continuare a rovinare la tua vita.”
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