Le “commedie” sono film così impalpabili che la loro trama narrativa rasenta quasi la trasparenza. Le loro storie, ambientate in un mondo “dorato”, sono “semplici” e “banali”, ammantate da un pizzico di fantasia e dal classico “lieto fine”. Gli intrecci sentimentali devono essere il cuore della storia, i conflitti tra i personaggi solo abbozzati e “depurati” da problematiche politiche, religiose e sessuali. Bandito lo scavo psicologico dei personaggi, il film deve essere condito, infine, con piccoli equivoci ed impreziosito da qualche graffiante battuta.
“Tutto può succedere”, l’ultima pellicola di Nancy Meyer, sembra aderire perfettamente a questo consolidato cliché narrativo. In questa “commedia romantica”, la regista fa il verso a “What Women Want” (con Mel Gibson protagonista) suo precedente successo. Harry Sanborn (Jack Nicholson) un maturo dongiovanni di successo, corteggia donne solo al di sotto dei trent’anni. Di tanto in tanto, per migliorare le sue prestazioni sessuali, assume qualche compressa di Viagra. La “fortunata” di turno è Marin (Amanda Peet) ed i due decidono di trascorrere insieme un romantico week-end in un’incantevole villa al mare.
Ma ben presto scoprono di non essere soli. Erica (Diane Keaton) nota commediografa e madre di Marin è lì per scrivere l’ennesima commedia di successo ed è in compagnia di sua sorella Zoe (Frances Mc Dormand). Dopo alcuni equivoci, i due amanti decidono di non cambiare i loro progetti e di restare in quell’angolo di paradiso. E proprio mentre sono sul più bello, Harry stramazza al suolo, colpito da un infarto cardiaco. Al Pronto Soccorso, l’uomo è affidato alle cure di Julian Mercer (Keanu Reeves) un giovane ed affascinate medico che gli prescrive un periodo di “rigoroso” riposo. Erica è irresistibilmente attratta da quel “romantico” guascone. Harry dapprima resiste ma poi cede all’irresistibile richiamo dell’amore. E’ il classico lieto fine. Ma la vicenda riserva ancora altre sorprese.
Pellicola scontata, banale e prevedibile. Per questo ruolo la Keaton si è guadagnata una nomination all’Oscar come migliore attrice e il vecchio Jack fa il verso a se stesso e gigioneggia, goffamente, davanti alla macchina da presa. Ma al di là dei commenti estetici, questa pellicola può offrire lo spunto per qualche interessante considerazione. La regista con questa sua commedia sembra confermarci che l’amore non ha età. Con una scrittura tipicamente femminile, la Meyer si schiera, apertamente dalla parte della protagonista e le costruisce addosso un personaggio a tutto tondo e dotato di una forte personalità. Erica ha sessant’anni, è stata da poco abbandonata dal marito e conosce ormai le disillusioni della vita.
Ma invece di piangersi addosso e di lasciarsi andare alla deriva, Erica stringe i pugni e combatte con tutta la sua forza per dare ancora un senso alla sua vita. Nel film della Meyer il tema del divorzio è presente ma è posto sullo sfondo e non ci è dato di comprendere perché il matrimonio tra Erica ed il suo ex marito sia naufragato dopo venti anni e quali siano state le reali ripercussioni psicologiche del loro divorzio sulla figlia. Nel film tutto è un po’ banalizzato ma non mancano momenti di estrema tenerezza. Da cineteca la scena di Erica che misura la pressione arteriosa a Jack subito dopo aver fatto l’amore con lui. E del resto, come non intenerirci di fronte a questi due simpatici vecchietti che ogni qual volta sono senza occhiali, non ci vedono ad un palmo dal naso?
Peccato che la storia non raggiunga l’intensità di “Sotto la sabbia” di Francois Ozon e di “The mother”, di Richard Mitchell May, pellicole declinate sullo stresso tema ma, nonostante il tono leggero della commedia, la regista ci offre lo spazio anche per qualche riflessione sulla solitudine. Quando Harry le chiede se le manca il matrimonio, lei risponde: “Di notte. Il telefono non squilla e la solitudine ti colpisce. Ho faticato ad abituarmi a dormire da sola ma, alla fine, ho imparato a dormire proprio nel mezzo. E’ decisamente poco salutare aver un lato quando non c’è nessuno nell’altro.” Il cinema mette sempre in moto l’immaginario dello spettatore. Se il tema proposto in questo film non ha toccato le vostre corde emotive, non perdetevi d’animo. Date un’occhiata alla pagina degli spettacoli ed imbucatevi nel primo cinema che incontrate. Vedere un film in una sala buia, fa sempre bene.
Dalla Rivista “Friendly” Numero 2 – Febbraio 2005
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