Michele (Jacques Perrin), giovane scrittore in crisi, frugando tra i ricordi, cerca disperatamente di ritrovare se stesso. Dal passato emerge il grave conflitto con la madre (Lea Padovani), una donna dura, anaffettiva e dispotica, la corrosiva gelosia nei confronti del fratello (Gianni Garko), che gli aveva soffiato Marina (Rosemarie Dexter), la donna di cui era innamorato quando era adolescente, e la delusione per il tradimento di Elena (Ilaria Occhini), la sua ultima fiamma. Michele prova ad arginare il crollo psicologico e si ricovera in una clinica dove è sottoposto ad ESK. L’unico che gli sarà al fianco è Ugo (Pier Paolo Capponi), un vecchio amico. Sul finale uno squarcio di speranza illuminerà la scena.
Piccolo capolavoro passato incredibilmente sotto silenzio, girato (quasi) tutto in soggettiva. Cifre stilistiche a parte (un bianco e nero da favola, degli struggenti primi piani del protagonista, un’ambientazione quasi surreale che alterna esterni a degli interni nudi e spogli, una sinistra musica in sottofondo che amplifica l’effetto straniante della vicenda) il film affascina non solo per l’originalissima composizione della narrazione, sospesa tra sogno e realtà, ma soprattutto perché traduce in immagini il flusso dei pensieri del protagonista.
Sin dalle prime battute De Seta lascia che la voce fuori campo di Michele sveli lo stato d’inquietudine e d’incertezza che lo sta corrodendo e lo mostra mentre, incerto e smarrito, cerca di comprendere le ragioni del proprio smarrimento: “Come è potuto accadere tutto questo? Perché? Quando è cominciato?” Il regista lo pedina con la mdp e, dopo aver ripercorso alcune tappe della vita del protagonista, lascia che questi, visibilmente scosso, prima di crollare psicologicamente, ad Ugo confidi: “Io non esisto, mi sembra di sognare. Guardo gli altri, giovani, felici. Che cosa si prova ad essere così? Che cosa sentono? Non lo so, non l’ho mai provato. L’importante è di sapere. Io cerco, cerco di comprendere con tutta la mia volontà, le mie forze, ma è inutile, non ci riesco. Non sono mai stato come gli altri, mai stato giovane, non sono stato mai niente, non ho vissuto. Ho cercato di barare, mi sono fatto delle giustificazioni. Mi sta bene. Uno scrittore di grande avvenire che ha tutta la vita davanti. Il libro che sto scrivendo; non è vero, non ho scritto niente. E’ un bluff.”
La scena del ricovero in clinica di Michele è immersa in un’atmosfera sognante e Michele, dopo essere stato narcotizzato da un medico e sottoposto ad ESK, vaga come un’ombra tra i corridoi per poi fuggire e rifugiarsi nella casa dove aveva vissuto durante l’infanzia. Il regista lascia scorrere nei titoli di coda una frase di C.G. Jung: “Ciò che prima dava origine a feroci conflitti e a paurose tempeste affettive, appare ora, come una tempesta nella valle vista dalla cima di un’alta montagna. Non per questo la tempesta è meno reale ma si è sopra, non dentro di essa.”
Per i rimandi filmografici, le schede film ed un esaustivo approfondimento sul tema si rimanda ai volumi “Cinema Mente e Corpo” e “Cinema (italiano) e psichiatria” di Ignazio Senatore – Zephyro Edizioni.
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