Una splendida canaglia (A fine madness) di Irvin Kershner – USA – 1966 – Durata 104’ V.M 14

28 Novembre 2020 | Di Ignazio Senatore
Una splendida canaglia (A fine madness) di Irvin Kershner –  USA  – 1966 – Durata 104’ V.M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Samson Shillitoee (Sean Connery) è sempre più nervoso, violento ed irritabile; i creditori gli sono alle calcagna, il suo lavoro saltuario di pulitore di tappeti non lo entusiasma ed, in crisi d’ispirazione non riesce da cinque anni a finire il romanzo. Grazie alla moglie Rita (Joanne Woodward) Samson ha l’occasione di guadagnare un bel gruzzolo declamando dei versi in un circolo di vecchie attempate ma dopo qualche breve scambio, inizia a provocarle, ad insultarle e ad accusarle di non capire un accidenti di arte. Dopo l’inevitabile parapiglia, Rita contatta il dottor Olivier West (Patrick O’Neal) psichiatra, esperto nella cura degli artisti affetti dal blocco dello scrittore, gli paga anticipatamente venti sedute e gli chiede di prendere in cura il marito. Samson prova, invano, a farsi restituire i soldi dal dottore e, non vedendo altre alternative, inizia a raccontargli la propria vita. Inseguito da un ufficiale giudiziario che non gli da tregua, per far perdere le proprie tracce, si ricovera nella clinica privata di West dove seduce la dottoressa Vera Kropotkin (Colleen Dewhurst). Ma in quella struttura lavora anche il dottor Menken (Clive Revill) che da anni effettua delle lobotomie sulle scimmie ed è ansioso di sperimentarlo sull’uomo. Infallibile casanova, Samson rapisce anche il cuore di Lydia (Jean Seberg) la moglie di West che, scoperto il tradimento, autorizza Menken a lobotomizzare Samson. Ma l’intervento non ha gli effetti sperati e Samson continua a mostrarsi arrogante, polemico e sempre su di giri.

Commedia un po’ troppo scalcinata che mette in scena un artista fin troppo ribelle ed anticonformista che per tutto il film fa strage di cuori, urla, strepita ed accusa chiunque gli capiti a tiro di non comprendere la sua arte. I momenti più divertenti della vicenda corrispondono all’entrata in scena dei diversi psichiatri; West è descritto come un pallone gonfiato, il dottor Menken come una macchietta ed il dottor Vorbeck (Werner Peters) uno psicoanalista dall’accento viennese assatanato di sesso. Le battute non mancano e quando Vorbeck ricorda a Menken che le lobotomie sono ormai superate si sentirà rispondere: “Questa non è la lobotomia vecchio stile. E’ il metodo Menken. Sentite chi parla di progresso. Li fate stendere ancora sui divani. Quanto avete progredito dai tempi del vostro prezioso Sigmund?”. Da un romanzo di Elliot Baker.

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