Angela (Valeria Solarino) e Sara (Isabella Ragonese) amiche sin da bambine, scoprono di essere attratte l’una per l’altra.
Salvatore (Ennio Fantastichini), il padre di Angela, temuto e rispettato da tutti, perché gestisce la cava di tufo del barone Barruto che dà lavoro agli uomini del luogo, ha però deciso che la figlia deve sposare Ventura (Corrado Fortuna), suo fido dipendente.
Angela prova a ribellarsi al dispotico e violento genitore che, per piegare le sue resistenze, la rinchiude in uno scantinato umido e buio, lesinandole acqua e cibo.
Angela non demorde e non crolla neppure quando la zia Agnese (Maria Grazia Cucinotta) le comunica che Sara è promessa sposa a Tommaso (Marco Foschi).
Mai doma, scalcia, urla e si batte per essere al fianco dell’amata Sara che, pur essendo attratta da lei, è consapevole degli ostacoli che si frappongono alla realizzazione del loro amore.
Grazie alla complicità del sinistro parroco del paese e ad un espediente ordito dalla madre Lucia (Giselda Volodi), per coronare il proprio sogno d’amore, Angela si taglia i capelli, si fascia i seni, indossa abiti maschili e diviene, agli occhi degli isolani, Angelo.
Lavorerà nelle cave al fianco del padre, sposerà l’amata Sara che, sul finale, con la complicità di Tommaso, le regalerà un figlio. Sara muore di parto ed Angela, con la morte nel cuore, ormai impazzita, si presenta al suo funerale mostrando finalmente la propria identità femminile che aveva dovuto seppellire per tutto quel tempo.
La regista messinese trae linfa dalla tellurica e tersa isola di Favignana e confeziona una pellicola ambientata, al tempo dello sbarco dei Mille, che sa di salsedine e di vento, di amore e di libertà.
Rispetto al pulsante romanzo di Giacomo Pilati “Minchia di Re”, (antico nome siciliano della donzella di mare, detta anche viola di mare, un pesce ermafrodita che nasce femmina, deposita le uova e diventa maschio), Maiorca muta il nome dell’irrequieta e passionale protagonista, sfuma le incrostazioni dialettali, elimina qualche personaggio marginale ma, soprattutto, pone al centro della narrazione la figura di Salvatore, padre-padrone, simbolo di una società patriarcale che costringe le donne ad ubbidire, in silenzio e con il capo chino ed a soffocare, in gola, moti di rabbia e di disperazione.
“Mio padre lo voleva maschio perché una femmina è peggio della morte” dichiara Angela in apertura, sottolineando così il proprio infelice ed immutabile destino.“Ero più contento saperla buttana che mezzo masculo” le urla, infatti, il padre nel corso del film.
Alla regista non interessa lo scandalo, né impaginare l’ennesima pellicola scabrosa sugli amori proibiti tra due lesbiche, ma narrare una storia d’amore appassionata che sul finale, sarà ricolmo di lacrime, di rimpianti.
Per un approfondimento sul tema si rimanda la volume di Ignazio Senatore “Fermi tutti sono incinta Cinema e gravidanza” – Falsopiano Edizioni – 2016
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