Pittsburgh. Paddy Conlon (Nick Nolte), ex allenatore di lotta ed ubriacone incallito, smette di bere e, dopo anni, va alla ricerca dei figli; l’ex marine Tommy Conlon (Tommy Hardy), eroe di guerra in Iraq per aver salvato i suoi commilitoni, l’unico che si è preso cura della madre, morta recentemente, e Brendan (Joel Edgerton), ex-lottatore, professore di fisica al liceo, sposato con Tess (Jennifer Morrison) e padre di due bambine. Dopo alcune scaramucce ed un livore mai appianato, Tommy decide di chiedere al padre di allenarlo per “Sparta”, un torneo di MMA (Arti marziali miste, disciplina che prevede un mix di boxe, con gomitate e ginocchiate e tecniche di lotta), che si tiene ad Atlantic City, con in palio cinque milioni di dollari, al quale partecipano i sedici lottatori migliori del mondo. Paddy accetta ma, in cambio, gli chiede di eliminare pillole e di alimentarsi, rispettando una dieta da atleta. Brendan ha la banca che gli soffia sul collo e, se non finisce di pagare il mutuo, deve dire addio alla casa. Sospeso dalla scuola per aver combattuto in un incontro clandestino, è allenato da Frank Campana (Frank Grillo), un coach che, sulle note di Beethoven, insegna ai suoi allievi come rimanere calmi e pazienti durante un combattimento. Il campione da battere è il russo Koba (Kurt Angle), un armadio che non ha mai perso un incontro. Nelle eliminatorie Breondo lo affronta Brendan e lo batte. Tommy, dal canto suo, è una furia e manda kappaò gli avversari non appena entrano nella “gabbia”, il recinto dove i lottatori sfidano, senza esclusione di colpi. La finale che nessuno si aspettava (?) non potrà che non essere tra i due fratelli.
Con questo film Gavin O’Connor abbandona i toni patriottici del precedente Miracle e sceglie di puntare tutto su un dramma familiare, palpitante e senza respiro.
Da un lato Tommy, un animale in gabbia, imploso in se stesso e con un passato pesante difficile da seppellire e dimenticare divorato dall’odio per il padre e per il fratello maggiore, responsabili di non essersi presi cura della madre ammalata; dall’altro Brendan, all’opposto, più stabile e quadrato, nutrito dall’affetto della moglie. Pur avendo messo in campo dei novelli Caino ed Abele, che si sbranano nell’ultimo decisivo incontro, il regista non cede mai ai sentimentalismi e dirige un film teso come una corda e digeribile solo per stomaci forti. Gli incontri dei lottatori che si sfidano in “Sparta”, per la loro durezza, infatti, lasciano senza fiato. I lottatori tempestano di pugni, calci e gomitate i loro avversari, scagliandoli contro la gabbia, come fossero bambole di pezza. La tensione è caricata a mille e l’adrenalina scorre a fiumi. L’odio ed il rancore sono i sentimenti che tappezzano tutta la vicenda e la parola perdono sembra poter far capolino solo in una scena (toccante), quando il vecchio Paddy, dopo aver tentato di ricucire la distanza emotiva da Tommy, scacciato in male modo ed umiliato da quest’ultimo, crolla e riprende a bere dopo mille giorni che non toccava una goccia di alcol.
Per un approfondimento sul tema “Cinema e sport” si rimanda al volume di Ignazio Senatore “Quando il campione recita”, edito da Absolutely Free.
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