L’ottavo giorno di Jaco Van Dormael – Belgio – 1996

5 Gennaio 2019 | Di Ignazio Senatore
L’ottavo giorno di Jaco Van Dormael – Belgio – 1996
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
0

 Harry (Daniel Auteuil) è un brillante manager di successo.  A dispetto dei suoi insegnamenti, la vita affettiva di Harry va a rotoli. Sua moglie Julie (Miou Miou) lo molla e porta via con sé le due figlie. Ormai alla deriva, una sera, sotto una pioggia battente, mentre é alla guida della sua auto, Harry si lascia andare; chiude gli occhi, stacca le mani dal volante… Un botto improvviso e l’auto sbanda… L’uomo scende dall’auto e scopre di aver investito un cane. Sul ciglio della strada intravede un ragazzo che vaga da solo nella notte; è Georges (Pasqual Duquenne) un ragazzo down, scappato dall’Istituto dove è ospitato dopo la morte della madre. Harry dapprima lo accompagna al commissariato poi cerca di “mollarlo” a sua sorella, ma la donna, decisa, gli comunica che non se ne vuole fare carico. Com’è prevedibile tra Harry e Georges nasce una tenera amicizia. Sul finale Georges, dopo essere stato, per l’ennesima volta respinto da una donna, si lancia nel vuoto dall’alto di un grattacielo.

Film poetico e patetico (in alcune parti), tenero e disarmante. Van Dormael non solo ci narra della sconfitta personale di Harry (manager che cura la preparazione degli addetti alle vendite e li istruisce su come dominare le emozioni e comunicare “sicurezza” e “fiducia” agli altri) ma quella di un’intera classe sociale, dedita solo alle forme, al successo e alle apparenze. Il regista è bravo nel proporci il lento ed inesorabile scompaginamento di un uomo che, nel corso del film, non sembra in grado di incollare i cocci della propria esistenza.  L’incontro tra i due sfortunati protagonisti (soli al mondo ed abbandonati dai loro familiari) metterà in moto emozioni dimenticate e sepolte. Il film ripropone il tema (non le atmosfere) di “Alice nelle città” e a guidare Harry non sarà una foto ma un vecchio disegno di Georges che ritrae la casa dove abitava con la madre. E se Wenders proponeva nella storia spiragli di luce, Van Dormael impagina un finale pessimista che non lascia scampo ai due protagonisti (Georges si suiciderà e Harry mezzo ubriaco è in strada ed aiuta i netturbini a caricare l’immondizia). Il regista fu aspramente criticato per la scelta di un co-protagonista “disabile”, ma (al di là delle polemiche che si scatenarono) costruisce una storia (a tratti) sincera e toccante. Van Dormael (che ha lavorato come volontario in una comunità per ragazzi down e girato alcuni documentari sulla loro condizione) non cade nell’errore (tipico di certa cinematografia americana) di trasformare Geoeges nel classico disabile vincente e senza indulgere in pietismi e falsi moralismi, ci mostra il dramma di chi, dopo aver collezionato cicatrici nell’anima e nel cuore, non regge all’ennesimo colpo che gli regala la vita. Peccato per la narrazione che brancoli un po’ nel buio e che la storia non decolli come potrebbe. Palma d’oro a Cannes per la migliore interpretazione a Daniel Auteuil e a Pasqual Duquenne.

Comments are closed.

Questo sito utilizza strumenti di raccolta dei dati, come i Cookie. Questo sito utilizza Cookie tecnici e di terze parti per fornire alcuni servizi. Maggiori Informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi