Quei musicarelli così dolci, così ingenui…

30 Novembre 2022 | Di Ignazio Senatore
Quei musicarelli così dolci, così ingenui…
Senatore giornalista
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Dopo lo storico Il cantante di jazz del 1927, primo film sonoro della storia del cinema, sono stati scritti fiumi d’inchiostro sulla funzione extranarrativa della musica e della colonna sonora all’interno di un film. Nel mio volume “Cantanti, musicisti e rock band. I 100 film più belli”, pubblicato qualche anno fa da Arcana editore, analizzavo numerose pellicole e proponevo un viaggio all’interno dei vari generi musicali: dal jazz al pop, dalla lirica al blues, dal country alla classica, dal punk al rock, dal funky al latino-americano. Territorio dell’impalpabile e del sublime, il cinema ha dato vita anche a un filone che raggruppava alcuni film denominati “musicarelli” che ha segnato un periodo molto singolare della cinematografia nostrana.

“I musicarelli” erano, infatti, pellicole a basso costo, girate spesso di corsa per sfruttare l’onda di una canzone di successo. La trama, più sottile della carta velina, puntava soprattutto a evidenziare le doti canore delle più famose ugole nostrane; Mina, Domenico Modugno, Gianni Morandi, Rita Pavone, Renato Carosone, Adriano Celentano, Bobby Solo, Little Tony, Caterina Caselli, Tony Renis, Peppino Di Capri, Edoardo Vianello, Johnny Dorelli, Al Bano e tanti altri.

La vicenda narrava, generalmente, due adolescenti che, trafitti dalle frecce di Cupido, s’innamoravano a prima vista e dopo qualche banale incomprensione e l’immancabile scenata di gelosia, si lasciavano di colpo. Dopo lacrime, pianti e sospiri, la tanta attesa riappacificazione avveniva, generalmente, grazie all’esibizione canora dell’attore/cantante protagonista che, come d’incanto, scioglieva il cuore dell’amata che ritornava di corsa tra le sue braccia.

Diverse le ragioni del successo popolare di questi film. Strutturati intorno a una storiella di facile impatto, intervallata da canzonette orecchiabili e di facile ascolto, permetteva a chi era in sala, non solo di vedere il proprio idolo in veste di attore/attrice, ma di deliziarsi, ascoltando anche i suoi brani più famosi. Ma, a ben vedere, uno dei segreti della fortuna di questi film era legato a quel clima casto ed ingenuo che si respirava al tempo. Non a caso la trama ruotava intorno alla love-story candida e platonica tra i due protagonisti e, solo sul finale, i due fidanzati si scambiavano un tenero abbraccio e, infine, un casto bacio.

Antesignano del genere fu Lazzarella, per la regia di Carlo Ludovico Bragaglia, che prendeva spunto dall’omonima canzone portata al successo da Aurelio Fierro. Seguirono poi, a tambur battente, sempre girati a Napoli e in qualche altra località del golfo, Napoli è tutta una canzone di Ignazio Ferronetti, Appuntamento a Ischia di Mario Mattoli e qualche anno dopo pellicole di successo come In ginocchio da te e Non son degno di te, Una lacrima sul viso, Se non avessi più te, tutte dirette da Ettore Maria Fizzarotti.

Tra le centinaia di pellicole, da citare, inoltre, Rita la zanzara e Non stuzzicate la zanzara con Rita Pavone, per la regia di una giovanissima e sconosciuta Lina Wertmuller, e soprattutto il cameo di Totò in Rita, la figlia americana per la regia di Pietro Vivarelli.

Rivedendoli oggi non si può non sorridere nel vedere le nostre ugole d’oro, attori goffi e inesperti. A reggere il film, infatti, erano soprattutto uno stuolo di caratteristi appartenenti alla vecchia scuola teatrale napoletana; Nino Taranto, Dolores Palumbo, Carlo Taranto, Pietro De Vico, Aldo Giuffrè, Giacomo Furia, Pupella Maggio, Angela Luce, Dante Maggio che, con i loro siparietti, scatenavano le risate tra i pubblico e rendevano frizzante una trama spesso sonnecchiante e boccheggiante. Nonostante fossero banali, prevedibili e dalla trama scontata, rivedendoli, mantengono ancora oggi il fascino di quel cinema spensierato e di pura evasione che ha caratterizzato in quegli anni le stagioni cinematografiche nostrane.

Articolo pubblicato su Il Corace- Novembre 2022

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