Cinema e tennis. Dal set al set

7 Marzo 2024 | Di Ignazio Senatore
Cinema e tennis. Dal set al set
Senatore giornalista
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Confessiamolo! Dopo le imprese del glaciale e imperturbabile Jannik Sinner, siano tutti diventati dei “Carota boys”. Pur essendo uno sport tra i più amati, pochi i registi e gli sceneggiatori che hanno ambientato le vicende tra racchette e campi da tennis.

E’ del 2005 “Wimbledon” di Richard Loncraine, Peter Colt, campione di tennis, ha deciso dare l’addio al tennis e di giocare, per l’ultima volta, a Wimbledon. Incontra Lizzie Bradbury, promettente tennista americana.

Cupido lancia le frecce. Preoccupato che la figlia possa compromettere il suo cammino nel torneo, il padre di Lizzie, si mette di traverso. Peter agguanta la finale, ma Lizzie, con la testa altrove, è eliminata. Riuscirà Peter a vincere il prestigioso torneo di Wimbledon?

Decisamente più sarcastico e divertente è “La battaglia dei sessi” di Valerie Faris e Jonathan Dayton (2017), Nel 1973, il cinquantenne americano Bobby Riggs, ex stella del tennis mondiale e inguaribile giocatore d’azzardo, è un tenace maschilista e considera le donne inferiori agli uomini, buone solo a letto o in cucina.

Per avvalorare le sue tesi, sfida in un incontro di tennis, con in palio trentacinquemila dollari, la campionessa californiana Billie Jean King, vincitrice degli US Open degli Stati Uniti.

Lei ritiene la proposta una pagliacciata e declina l’invito, ma Margareth Court, sua acerrima nemica, accetta e Riggs la sconfigge. Billie Jean King comprende allora che non può più tirarsi indietro e lo sfida, in un incontro, soprannominato “la battaglia dei sessi. Chi trionferà tra i due?   

In “Borg McEnroe” (2017), il regista Janus tez Pedersen narra l’epica sfida del 1980, tra il venticinquenne Björn Borg), indiscusso numero uno del tennis mondiale, e John McEnroe, ventiduenne campione statunitense, astro nascente del tennis.

Vincerà l’estro e la fantasia messa in campo da McEnroe o l’algido, calcolato ed ipnotico gioco d’attesa del biondo svedese? 

Messi da parte i film stranieri, penso sia impresso nella memoria di tutti noi l’irresistibile incontro di tennis, avvolto nella nebbia più fitta, tra Fantozzi e Filini nell’indimenticabile “Fantozzi” (1975).

Impedibile, è, però, il doc “La maglietta rossa” di Mimmo Calopresti (2009), che racconta la contestata conquista della Coppa Davis da parte della nazionale italiana in Cile, ai tempi del dittatore Pinochet.

Il regista calabrese mostra le manifestazioi di dissenso e di contestazione che si susseguirono nello Stivale per evitare che l’Italia giocasse la finale. Come è noto i tennisti nostrani partirono per il Cile.

Nel famoso doppio che diede la vittoria all’Italia, sia Panatta che Bertolucci scesero in campo con una “maglietta rossa”. Un gesto fortemente politico, un vero e proprio schiaffo al sanguinario dittatore cileno, anche perché, al tempo, per gli atleti era obbligatorio indossare una divisa completamente bianca.

Peccato che al tempo la televisione nostrana fosse in bianco e nero e gli spettatori a casa persero, di fatto, l’emozione di vedere quella “maglietta rossa”.

Articolo pubblicato su La Rivista Il Corace – Marzo 2024

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