La vita di Francis Phelan (Jack Nicholson) ex giocatore di successo di baseball, barbone alcolizzato di mezz’età è stata spezzata circa venti anni prima quando, ubriaco, lasciò cadere a terra Jerome, il terzogenito appena nato che morì sul colpo. Da allora vaga come un ombra per gli States, dormendo dove capita e guadagnando qualche spicciolo spalando la terra nei cimiteri o lavorando come garzone per un robivecchi. La sua mente ormai in disordine, corrosa da rimorsi e da tormenti non gli da tregua ed è perseguitata da due fantasmi; quello di un autista crumiro che uccise, involontariamente, da giovane nel corso di una manifestazione di protesta e quello di un vagabondo che accoltellò in un vagone merci perchè voleva rubargli le scarpe. Dopo un lungo peregrinare Francis decide di ritornare nella città natale con Helen (Meryl Streep) la sua compagna, un’ex cantante vagabonda ed alcolizzata e Rudy (Tom Waits) il suo inseparabile amico che ben presto tira le cuoia, divorato da un cancro. Francis, dopo aver rimediato una camicia pulita, prova a fare i conti con il passato e si presenta a casa della moglie Annie (Carrol Baker), una donna dolce e comprensiva che l’accoglie affettuosamente. La figlia Pag (Diane Venora) ed il figlio Bill (Michael O’Keefe), messi da parte odio e rancori, provano a scaldargli un po’ il cuore, e lo invitano a rimanere con loro. Francis tentenna e decide di fare un salto nel misero alberghetto dove alloggiava Helen e la trova morta, riversa a terra sul pavimento. Affranto e macerato dal dolore, invece di ritornare tra le braccia della moglie e dei figli, salta su un treno merci e continua la vita sbandata e rabberciata di sempre.
Il regista ambienta la vicenda nel 1938 ad Albany la spande di fulgida melanconia e ci mostra impietosamente dei barboni che, con grande dignità, sopravvivono alla solitudine, al freddo ed alla fame e tirano avanti solo nella speranza di poter scolare qualche goccio di whisky. “Il dottore ha detto che ho un cancro. E’ la prima cosa che ho. Ha detto tra sei mesi sei morto ed io ho detto: “Meglio così.” è quanto Rudy, ricolmo di disperazione, confida agli amici d’avventura. Babenco punta più all’atmosfera che all’intreccio narrativo e lascia che la vicenda ruoti intorno alla figura di Francis, un’erbaccia difficile da sradicare (come recita il titolo del film) che vagabonda per le strade della città, in compagnia dei suoi amici straccioni. Clochard sconfitto e disilluso, alla disperata ricerca di una bottiglia da scolare, prova disperatamente a lasciarsi alle spalle i fantasmi ed i sensi di colpa del passato. Il regista controlla troppo la narrazione, l’edulcora in troppi punti ma ci regala un finale poetico e commovente. Un po’ sottotono Meryl Streep, imbruttita fino all’inverosimile e troppo ai margini della narrazione. Splendida la fotografia di Lauto Escorel. Dal romanzo premio Pulitzer di William Kennedy.
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