Spavaldi, irriverenti, chiassosi, Rosario (Gianluca Di Gennaro) ed i compagni di ventura sono i componenti di una delle tante baby-gang che operano a Napoli. Le loro specialità? Furti e prostituzione minorile. Piegati alle regole fissate dai “grandi”, non piangono né hanno il minimo cedimento emotivo quando sono schiaffeggiati e picchiati selvaggiamente dagli adulti di turno. A Rosario, il leader del gruppo, non resta che rifugiarsi nel mondo della fantasia e nutrirsi della (vana) speranza che Caterina (Miriam Candurro), una ventenne che lavora in una Centro d’accoglienza, possa un giorno ricambiare il suo amore. La vicenda si tingerà di toni drammatici nel finale e quel filo che legava Rosario alla vita, inevitabilmente si spezzerà.
Pellicola autarchica, girata a basso costo, priva di accelerazioni e guizzi visivi, che si muove lungo le traiettorie già tracciate nel 91 da Vito e gli altri. Come nel capolavoro di Antonio Capuano non c’è spazio per la retorica, né per il facile pietismo e, sin dalle prime scene, i registi mostrano una strada a doppio scorrimento; le automobili sfrecciano veloci e quattro “scugnizzi” sono sul ciglio della strada. Uno di essi lancia la sfida: attraversare la corsia, di corsa, senza curarsi delle auto che sopraggiungono. Come dei ciechi. Un lampo. Il primo si lancia in strada; le auto frenano, deragliano ed è tutto uno stridore di freni. Ci prova il secondo e poi il terzo…Neanche un graffio. Scampati al pericolo, i ragazzi se ne vanno “liberi e felici” in riva al mare. Più che lo sprezzo del pericolo quello che colpisce è il loro disincanto. Vivere o morire per loro non ha già più senso. Precocemente adultizzati e già corrosi dal tempo, hanno imparato a non chiedere nulla al mondo. Attanagliati da una fame che non è di cibo ma di affetti, hanno tutti una famiglia scompaginata alle spalle e nessun modello adulto positivo da imitare. Consapevoli che nessuno potrà mai liberarli dalla loro schiavitù, deprivati anche dello spazio dei desideri, imitano stancamente il mondo degli adulti e lo ripropongono, goffamente, utilizzando il loro linguaggio, scurrile e senza fronzoli, e mimando una sessualità che diviene il tragico risvolto di un’emotività ormai silente e ridotta a mero simulacro Per rinforzare la desolazione di “certi ragazzi”, i registi ambientano molte scene in spazi angusti, sotterranei e privi di luce (metropolitana o circumvesuviana), quasi a sottolineare che le loro emozioni, soffocate e tenute al buio, non potranno mai venire a galla. Nel cast una mirabile Nuccia Fumo nei panni della nonna anziana ed indementita che si prende cura di Rosario. Arricchito da un ottima colonna sonora firmata dagli Almamegretta. Tratto dall’omonimo romanzo di Diego de Silva.
Questo sito utilizza strumenti di raccolta dei dati, come i Cookie. Questo sito utilizza Cookie tecnici e di terze parti per fornire alcuni servizi. Maggiori Informazioni
Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.