Sin da bambino, Jonathan Corliss (Matt Dillon), ha visto sfilare dalla finestra di casa i vagoni di proprietà di Thor Carlsson (Max Von Sidow), re del rame. Ossessionato dall’idea di voler condividere quel nome e quelle ricchezze inizia, in gran segreto, a fare la corte a Dorothy (Sean Young), la primogenita del ricco magnate. Dorothy rimane incinta e freme per sposarsi, ma Jonathan è consapevole che se convola a nozze, senza il consenso del vecchio Carlson non ha il becco di un quattrino. Per accontentarla, finge di volerla sposare, ma l’uccide, facendola precipitare dall’alto di una terrazza del palazzo dell’ufficio matrimoni del comune di New York. Tutti pensano ad un suicidio e la pratica è archiviata. Non è di questo parere Ellen, la gemella di Dorothy, impegnata attivamente nel lavoro di volontariato che, inizia a condurre da sola delle indagini. Ellen conosce Jonathan, che si fa chiamare Jay Faraday, e se ne innamora. Per evitare di essere smascherato, Jonathan ammazza prima Tommy (Ben Browder), l’ex fidanzato di Dorothy, e poi Patricia Farren (Martha Gehman), una vecchia amica della sua ragazza. Sposa Ellen ed entra nelle grazie di Thor Carlsson e lavora al suo fianco. Ma il castello di menzogne inizia a crollare; Ellen lo smaschera e, nel tentativo di ucciderla, Jonathan finisce sotto un treno di proprietà dei Carlson.
Thriller di buona fattura che non trapassa la carne ma che si assapora tutto d’un fiato. Sin dalle prime battute si intuisce che il regista lambisce i territori del doppio (le due sorelle gemelle, la doppia identità di Jonathan) ma qualcosa non quadra in sede di sceneggiatura; non solo non sembra credibile l’omicidio ai danni della povera Dorothy ma appare ancora più inverosimile che Jonathan riesca ad espugnare così facilmente anche il cuore di Ellen. Da segnalare che l’infedele moglie di Carlsson si era suicidata molti anni prima e che il suo unico figlio maschio, era morto in un incidente d’auto. Citazione (obbligata) a La donna che visse due volte. Remake di Giovani senza domani di Gerd Oswald (1956). Dal romanzo omonimo di Ira Lewin.
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