L’intruso (Hider in the house) di Matthew Patrick – USA – 1991 – Durata 109’

30 Gennaio 2022 | Di Ignazio Senatore
L’intruso (Hider in the house) di Matthew Patrick – USA – 1991 – Durata 109’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Il piccolo Tom Skyes, vittima di un padre violento e di una madre che teneva spago al marito, incendia la propria casa, causando nel rogo la morte dei genitori. Dopo diciotto anni di reclusione in un manicomio criminale, Tom (Gary Busey) è dimesso e, senza destare sospetti, si rifugia, di nascosto, in una stanza che ha ricavato in un appartamento dove si sono appena insediati Julie (Mimi Rogers) e Phil Dreyer (Michael McKean) con i piccoli Neal (Kurt Christopher Kinder) ed Holly (Candy Hutson) ed il cane Rudolph. Alla costante ricerca di un nucleo familiare che gli è sempre mancato, Tom vigila sui Dreyer, difende il piccolo Neal da un bulletto della scuola ed è gentile e premuroso verso la piccola Holly. Phil ha una relazione con un’altra donna e Tom, scoperta la tresca, con uno stratagemma indica a Julie la stanza d’albergo dove il marito è in dolce compagnia. Ferita e delusa, Julie caccia Phil di casa e inizia a familiarizzare sempre più con Tom che, senza essere scoperto, di notte,  rimbocca le coperte ad Holly e di giorno, cancella i messaggi d’amore che Phil le lascia in segreteria e fa sparire dalla circolazione i fiori che lui le spedisce. Sempre più convinto che prima o poi espugnerà il cuore di Julie, s’aggira indisturbato per casa con indosso l’accappatoio di Phil ma Rita (Elisabeth Ruscio), un’amica di famiglia, lo scopre e lui è costretto ad eliminarla. Incapace di controllare i propri impulsi aggressivi, Tom è sempre più teso e nervoso e Julie, spaventata, decide di tenerlo alla larga. Non appena intuisce che il suo piano è fallito, Tom libera la sua folle distruttività ma finisce per avere la peggio.

Pellicola banale, dal taglio televisivo che mostra Tom, un ragazzo deprivato affettivamente nell’infanzia, costretto ad allucinare come propria (i Dreyer) una famiglia che non ha mai avuto, a collezionare le loro foto e a vivere di riflesso della loro vita. Il regista non riesce a rendere però pulsante la sofferenza di Tom e lo mostra come una creatura primitiva, poco attrezzata intellettivamente e vittima della propria violenta impulsività. La struttura narrativa del film richiama alla memoria il successivo One hour photo (2002) ma è meno toccante e poetico della pellicola di Mark Romanek. Da segnalare nelle prime battute del film il piccolo Tom si reca al Burdley Hospital ed al dottor Gordon (Chuck Lafont) lo psichiatra che lo ha in cura, mostra un disegno e così lo commenta: “Ho sette anni. Sono sotto il lavandino. E’ comodo. I miei genitori non mi trovavano e  se non mi trovavano non mi picchiavano. Ero al sicuro”.

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