Anni Trenta. Marcella (Agostina Belli), giovane cameriera veneta di un albergo del Lido di Venezia, fidanzata con il tenero Roberto Trevisan (Cochi Ponzoni), ha un sogno nel cassetto: diventare un’attrice famosa.
Con la lusinga di farla recitare a Roma per la Littoria Film, Luciani (Maurizio Arena) la seduce. Roberto lo scopre e, dopo averle fatto una scenata, decide di sposarla egualmente e portarla in viaggio di nozze a Roma.
Giunta nella Capitale, lei scopre che la Littoria Film ha chiuso i battenti e s’imbatte in Bruno (Renato Pozzetto), un giovane fascitello che le fa la corte. Dopo l’ennesimo tradimento,
Roberto, giunto all’altare, si rifiuta di sposarla, ma è costretto dai gerarchi fascisti a partire per il Fronte. Bruno, dopo aver vissuto con lei per qualche tempo, la spedisce nel bordello gestito dalla madre.
Marcella accetta il suo destino e Gondrano Rossi (Lino Toffolo), un musicista mite e infantile, che vive ancora con la madre, s’innamora di lei e l’aiuta a far parte di un coro che ha una certa notorietà.
Dopo aver incontrato Benito Mussolini (Dino Baldazzi) e, divenuta sua amante, Marcella vede finalmente aprirsi le porte di Cinecittà e fa coppia con Luca Cioccetti, in arte Franco Denza (Vittorio Gassman), attore di regime, in gran spolvero, che diventa il suo amante.
Marcella trionfa sul grande schermo con il nome d’arte di Alda Noris e diventa una diva amata e acclamata mentre Denza, cocainomane, sempre più irascibile e litigioso, crolla psicologicamente ed è ricoverato alla Neuro.
Il fascismo crolla e mentre Marcella vaga senza meta, s’imbatte in Adelmo (Ugo Tognazzi), un imbroglione con la gobba che, con il suo camioncino commercia tra Roma e Ferrara.
Lungo il percorso si buca una ruota del camionicino e lei si concede a un meccanico, in cambio della riparazione dello pneumatico.
Poco dopo Adelmo la pianta in asso per aver accettato, dietro compenso, di dare un passaggio in città a tre ebrei.
Finita la guerra, Marcella sposa Franz (William Berger) un ricco industriale svizzero e decide di andare in viaggio in Russia per onorare la tomba di Roberto che lei crede sia caduto in guerra. Roberto, invece, sposato e con figli, per evitare altri guai, non si fa riconoscere.
Come il titolo del film recita, Risi rispolvera quel genere del cinema italico, soprannominato “telefoni bianchi”, in voga in pieno fascismo, dal ’36 al ’43, caratterizzato dalle ambientazioni sfarzose ed eleganti, dai ricchi costumi, dalla presenza di personaggi benestanti sulla scena e da una canzone di successo che fungeva da traino alla narrazione.
Con maestria, in questa commedia agrodolce, il regista ricrea fedelmente quelle ambientazioni e affida ad Agostina Belli, il primo ruolo importante della sua carriera.
L’attrice milanese, dal visino d’angelo, è perfetta nel ruolo di una donna ingenua e non troppo sveglia, disposta tutto pur di diventare una diva.
Tognazzi riesce nel miracolo di rendere simpatico, un lercio imbroglione, che ruba i denti d’oro ai defunti e pianta in asso Marcella per quattro spiccioli.
La prima parte regge e diverte, ma poi il film s’avvita su se stesso e si assiste, stancamente, alle disavventure della protagonista, che salta da un letto all’altro.
Deliziosi il prologo in bianco e nero e la scelta dei brani musicali dell’epoca, tra i quali “Violino tzigano” e “Tango delle capinere”. Curiosità: nel film compare una sequenza de “Il porto delle nebbie”, diretto nel 1938 da Marcel Carné, con Jean Gabin e Michele Morgan. Agostina Belli premiata con un David Speciale.
Per un approfondimento sulla filmografia di Ugo Tognazzi, si rimanda al volume di Ignazio Senatore “Ugo Tognazzi”, edito da Gremese (2021), corredato da 800 foto, dall’antologia della critica e dai commenti di attori e attrici, e registi che hanno lavorato con lui.
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