A doppia mandata (A double tour) di Claude Chabrol – Francia – 1959 – Durata 100’ – V.M 16

20 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
A doppia mandata (A double tour) di Claude Chabrol – Francia – 1959 – Durata 100’ – V.M 16
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Leda (Antonella Lualdi) infiamma il cuore di Henri Marcoux (Jacques Dacmine), un uomo di mezz’età sposato con Therese (Madeleine Robinson) e padre di due adolescenti; Richard (Andrè Jocelyn), un ragazzo taciturno e solitario ed Elisabeth (Jeanne Valerie) una ragazza fragile fidanzata con Lazlo (Jean Paul Belmondo). Spalleggiato da Lazlo, un fannullone prepotente, Henry tradisce Leda alla luce del giorno. La moglie e i figli, pur essendo al corrente della tresca, fanno finta di niente. Leda è uccisa, Lazlo è incolpato del delitto ma, sul finale, smaschera l’insospettabile Richard che aveva eliminato la donna per vendicare l’onore familiare.

Chabrol ambienta l’ennesimo film nella provincia francese e descrive, con la solita eleganza e raffinatezza, il dramma e l’ipocrisia di una famiglia allo sbando, incapace di reagire allo sfacciato tradimento di Henry. Sullo schermo vediamo sfilare personaggi filiformi ed è irritante la superficialità con la quale Henry amoreggia con Leda, noncurante delle ripercussioni emotive che scatena nella moglie e nei figli. I dialoghi sono fin troppo esangui e la pellicola si trascina lentamente nella prima parte e si riscatta solo sul finale con l’inaspettata follia di Richard che esplode con tutto il suo vigore sul finale. Nella scena clou, fa ascoltare a Leda il suo brano di musica classica preferito e, prima di ammazzarla, le dice: “Amo questa musica quanto detesto lei. Lei ha fatto di me e di mia madre due esseri sordi. Non oso più guardarmi allo specchio e quando sono costretto a farlo, mi esamino, osservo ogni particolare del mio volto e mi trovo orrendo. E confronto lei con mia madre. Specchiandomi non è me che vedo me mia madre e mi sento diventare piccolo, meschino, un insetto. Mi trasformo, divento odioso. Il mio sguardo è spietato come un bisturi. Tutto è ignobile nel mio volto. Niente può redimerlo. E’ solo il volto di un morto che vive. Non può che esprimere che l’orrore, la negazione, la turpitudine.”  Il titolo del film rimanda proprio alle emozioni dei protagonisti che, prima del tragico epilogo, sembrano completamente congelate e chiuse a chiave a doppia mandata. Coppa Volpi per la migliore attrice a Madeleine Robinson. Dal romanzo  The key to Nicholas di Stanley Ellin.

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