Alice nelle città di Wim Wenders- Germania – 1973

6 Gennaio 2019 | Di Ignazio Senatore
Alice nelle città di Wim Wenders- Germania – 1973
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Felix Winter (Rüdiger Vogler) un fotografo in crisi sta ritornando a Monaco, in Germania, suo paese natale. Doveva confezionare un servizio fotografico sull’America ma nel corso del tempo quelle città, estranee e monotone, sono divenute lo specchio del vuoto e del malessere che è dentro di lui. All’aeroporto di New York Felix incontra Liza (Liza Kreuzer) una sua connazionale che è in compagnia della figlia di nove anni, Alice (Yella Rottländer). In attesa del volo dell’indomani, i tre fanno amicizia e pernottano insieme, in un anonimo albergo. La donna, che sta cercando di ricompattare la propria vita amorosa, decide di fuggire di nascosto dall’hotel e di lasciare un biglietto a Felix, dove lo rassicura che avrebbe ripreso la bambina con sé, al successivo scalo. Felix ed Alice proseguono il loro viaggio ed, immersi nei propri pensieri, si scambiano solo poche comunicazioni di servizio. Felix non ha più notizie di Liza e giunto in patria, decide di accompagnare la piccola prima alla polizia e poi dalla nonna. Con l’aiuto di una vecchia foto della casa dell’anziana familiare, i due iniziano il loro lungo e vano vagabondaggio per la regione Ruhr della Germania. Nel corso del viaggio, Alice (seppur assuma dei comportamenti capricciosi e lamentosi) inizia a scavare nell’animo di Felix. A corto di denaro, la coppia di “viaggiatori” sembra giunta al capolinea ma, sul finale del film, la polizia rintraccia la madre ed Alice può abbracciare nuovamente la madre.

Film su quei piccoli ed impercettibili movimenti emotivi, su quei microscopici smottamenti dell’anima. La trama esile, quasi priva d’azione, non è arricchita volutamente da nessun colpo di scena. Pellicola simbolo del viaggio, metafora di un itinerario conoscitivo dentro se stesso, assume, sin dal titolo la struttura di una fiaba. Ad essere smarrita non è solo la piccola Alice (abbandonata dalla madre ed alla ricerca di qualche parente che possa accoglierla) ma lo stesso Felix, alla scoperta disperata di se stesso.

In questo loro errare, in quel loro “falso movimento” per la Germania c’è tutto il senso del film ed è singolare che sia proprio un’immagine fotografica/onirica (la casa della nonna) a guidarli nel loro percorso. Il bianco e nero con cui è girata la pellicola rende ancora più intimo l’odissea interiore dei due protagonisti.

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