Angel dust di Gakuryū Ishii – Giappone – 1994

21 Maggio 2015 | Di Ignazio Senatore
Angel dust di Gakuryū Ishii – Giappone – 1994
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Un assassino uccide con uno spillone avvelenato delle giovani donne, ogni lunedì alle sei del pomeriggio, nella metropolitana di Tokio. L’inchiesta viene affidata alla giovane Setsuko Sumo (Hako Minami) una psicologa esperta in criminologia che intuisce che il serial killer uccide solo ragazze che vivono in un forte isolamento affettivo e che sono sommerse da un incontrollabile senso di autodistruzione. Una delle vittime era una maestra che studiava i problemi dei bambini autistici e non parlava più da mesi; Yuki, invece, devota della Chiesa della Verità Assoluta, una setta di fanatici religiosi, in passato era stata sottoposta alla de-programmazione, una sorta di lavaggio del cervello ideato dal dottor Aku (Takeshi Wakamatsu), un giovane e luciferino psichiatra. Il serial killer continua a mietere vittime e la psicologa, nel suo folle e disperato desiderio di insinuarsi nella mente dell’assassino, appare sempre più smarrita e distaccata dalla realtà. In un finale intenso si scopre che l’autrice dei delitti è una paziente del dottor Aku che agiva sotto il suo malefico influsso.

Il talentuoso Sogo Ishii confeziona una pellicola che rapisce per la perfezione stilistica e per la dolente e progressiva immersione di Setsuko nella mente malsana dell’assassino. Sin dalle prime scene il regista ci mostra la protagonista che, dopo l’ennesimo omicidio, si tuffa nel metrò, si guarda intorno e dopo essersi rivolta a un suo collega, gli chiede: “Se tu fossi l’assassino, chi uccideresti?”. Dopo qualche sequenza, lei stessa giunge a identificarsi con il killer che confesserà: “L’assassino è dentro di me”. Lontano dai clamori di un certo cinema spettacolare, Ishii tende a immergere la pellicola in un’atmosfera rarefatta, sospesa tra incubo e realtà, impreziosendola con alcuni frammenti onirici della protagonista che sogna Aku che la uccide nel metrò . Magnetiche le sequenze, girate in uno sporco bianco e nero, che riprendono la tecnica utilizzata dal dottor Aku per de-programmare la mente delle sue pazienti. In una stanza buia, illuminata solo dal fioco riverbero di un neon, è incisa su un nastro la voce del dottore che ripete, alla paziente, come un robot: “Cosa intendi dire? Vuoi diventare libera? Non riesci a spiegarti meglio? Ti dispiacerebbe ripeterlo?”. 

Il regista rende ancora più torbida la vicenda con mirabili colpi a sorpresa e quando il marito di Setsuko cadrà sotto i colpi del misterioso serial killer l’autopsia rivelerà che il defunto, dopo essersi evirato, era dotato di genitali femminili. Setsuko si mette sulle tracce del dottore, suo ex amante, e gli chiede notizie della paziente. I dialoghi sono molto curati ed attraversati da un tocco di filosofia zen.: “In che modo la mente può diventare un cammello o come può un cammello trasformarsi in leone? Come può un leone trasformarsi in un bambino? Non sono riuscito a trasmettere questo a Yuki.” Curiosità: Angel dust è il nome di strada della fenciclidina, farmaco utilizzato a scopi di ricerca e che provoca deliri, allucinazioni e uno stato dissociativo.

 

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