Bella di giorno (Belle de jour) di Luis Buñuel – Francia – 1967 – Durata 100’ – V.M 14

12 Gennaio 2021 | Di Ignazio Senatore
Bella di giorno (Belle de jour) di Luis Buñuel – Francia –  1967 – Durata 100’ – V.M 14
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Parigi. La ventitreenne Sèverine (Catherine Deneuve) è sposata da un anno con Pierre (Jean Sorel), medico affermato.

Lei è algida e scostante e, ogni volta che il marito le si avvicina, si ritrae. Husson (Michel Piccoli), un loro amico comune, intuisce il tormento e l’insoddisfazione della donna e le accenna a una casa d’appuntamento gestita da Madame Anaïs (Geneviève Page).

Séverine reagisce, dapprima, indignata, ma poi, per nutrire il desiderio di essere umiliata, si prostituisce dalle quattordici alle diciassette con il nome di “bella di giorno”, diventando ben presto la maggiore attrazione della casa d’appuntamento.

Marcel (Pierre Clementi), un delinquente da strapazzo, violento e mezzo svitato, la vuole tutta per sé e spara a Pierre, che, paralizzato, finisce inchiodato una sedia a rotelle. Un finale onirico e inatteso chiude il film.

Impareggiabile capolavoro di Bunuel (Un chien andalou, L’age d’or, El, Estasi di un delitto, Viridiana, L’angelo sterminatore, Tristana, Il fascino discreto della borghesia, Il fantasma della libertà…) sospeso continuamente tra realtà e sogno, che si apre con l’indimenticabile sequenza di Pierre e Sevérine che percorrono in carrozza un viale alberato.

Lui confessa di amarla, ma lei si discosta; allora Pierre ordina ai vetturini di fermare la carrozza e, dopo aver fatto legare Sevérine a un albero, impone loro di frustrarla e violentarla.

Un attimo dopo, grazie ad un cambio di scena, l’azione si sposta a casa di Pierre che, vedendo Severine assorta, le chiede: “A cosa stai pensando, cara?”.

S’intuisce, allora, che la scena della carrozza è il frutto delle fantasie perverse della protagonista, che ricorrono, nel corso della narrazione, con delle varianti e la mostrano vittima passiva delle umiliazioni inflittale dal marito.

Sevérine è descritta come una donna inquieta che ha operato una netta separazione tra il sesso (che può spendere solo con estranei) e l’amore che può nutrire solo in fantasia per il marito.

Travolta dal demone della perdizione, frequenta la casa d’appuntamento di Madame Anaïs e, quando Pierre l’invita a trascorre qualche giorno fuori Parigi, smarrita, rivolgendosi idealmente al marito, tra sé e sé, confida:

“Non so come potrei spiegartelo.. Ci sono tante cose che vorrei capire anch’io, tesoro, cose che mi riguardano. Quello che provo per te non ha niente a che fare con il piacere. E’ molto di più. Non ti chiedo di credermi ma non mi sono mai sentita così vicino a te.” 

Successivamente, quando Husson la incrocia nella casa d’appuntamento, Sevérine, sommersa dalla vergogna, lo supplica di non dire niente a Pierre:

“Sono perduta, non so resistere, è più forte di me. So che un giorno dovrò pagare per quello che faccio, ma senza questo non potrò più vivere.”

Pierre è una figura di sfondo e il regista spagnolo, con irriverente ironia, mette alla berlina le perversioni di alcuni frequentatori della casa d’appuntamento.

Il professor Henry (Marcel Charvey), noto ginecologo, vestito da cameriere, nel rispetto di un rigido rituale ossessivo, vuole essere maltrattato, punito e frustato dalla prostituta di turno.

Non meno malsana la fantasia di un anziano duca (Alain Cuny), che impone a Sevérine di sdraiarsi in una bara, dopo aver indossato gli abiti della moglie defunta.

Il film rifiutato a Cannes per “insufficienza artistica”, fu premiato nel 1967 a Venezia con il Leone d’Oro.

Dall’edizione italiana la censura ha tolto tre brevi scene tra le quali l’importante flashback che mostra Séverine bambina, che rifiuta di fare la Prima Comunione. Dal romanzo omonimo di Joseph Kassel del 1929.

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