Perché Sigmund Freud non amava il cinema

18 Gennaio 2014 | Di Ignazio Senatore
Perché Sigmund Freud non amava il cinema
Senatore giornalista
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Cinema e psicoanalisi, due gemelli immaginari, nati nello stesso anno: il 1985. Il 25 dicembre di quell’anno, infatti, i fratelli Lumiere proiettarono le prime pellicole a Parigi ed a Vienna, Sigmund Freud, il Padre della psicoanalisi, scrive gli “Studi sull’isteria” che è la premessa alla psicoanalisi. Come è noto Freud rifiutò un’offerta di 100.000 dollari da parte del produttore americano Samuel Goodwin, per collaborare alla stesura di copioni incentrati su storie d’amore tra personaggi famosi, a cominciare da Antonio e Cleopatra. Il telegramma di rifiuto di Freud fece notizia e indusse un altro produttore tedesco H.Neumann della compagnia cinematografica UFA, ad accogliere la proposta di un valente regista. Wilhelm Pabst di realizzare un film di divulgazione sulla psicoanalisi. Pabst si avvalse della collaborazione di Karl Abraham, Presidente della Società Psicoanalitica  Internazionale e di Hans Sacks. Lo stesso Abraham, nel 1925, tentò di convincere Freud ad avallare quest’operazione ma lui bacchettò i suoi allievi  ed in una lettera a Ferenczi si dissociò dall’iniziativa: “La riduzione cinematografica sembra inevitabile, così come i capelli alla maschietta, ma io non me li faccio fare e personalmente non voglio avere nulla a che spartire con storie di questo genere. La mia  obiezione principale rimane quella che non è possibile fare delle nostre astrazioni una presentazione  plastica che si rispetti un po’. Non daremo comunque la nostra approvazione a qualcosa di insipido…”Nonostante la nota idiosincrasia di Freud per il cinema, fu grazie ad Hollywood ed alla “fabbrica dei sogni” che il suo pensiero fu diffusamente divulgato. Già nel 1922 nel film muto “The Man Who Saw Tomorrow”, l’eroe va da uno psicoanalista/mesmerista per scoprire quale fra due donne debba sposare. A seguito dell’avvento del nazismo diversi psicoanalisti (Simmel, Rapaport, Hartmann, Rado, Federn) e numerosi registi e sceneggiatori (Fritz Lang, Robert Siodmak, Ernst Lubitsch, Billy Wilder, Otto Preminger) di origine ebrea dovettero abbandonare la Germania e si rifugiarono in America; i primi diffusero ancor più la psicoanalisi e di secondi esportarono negli Studios lo stile crepuscolare, tipico del cinema tedesco.  Il cerchio si chiuse quando anche in Europa le avanguardie artistiche come il surrealismo, si lasciarono folgorare dal fascino della psicoanalisi. Da quel momento in poi fu un ribollire di opere che facevano riferimento, in maniera esplicita o implicita, alla dottrina freudiana e che impaginavano trame dalla tessitura onirica, immerse in un atmosfera dove il sogno e la realtà si confondevano, fino a fondersi l’una nell’altra. Per la natura stessa del dispositivo  cinematografico (il buio e l’oscurità della sala, la posizione comoda e rilassata sulla poltrona, l’irrealtà delle immagini proiettate sullo schermo) il mondo della celluloide è stato paragonato a quello onirico. Nel corso della visione del film, si entra, infatti, in un regime di credenza simile alla condizione di chi sogna. Questo effetto produce nello spettatore l’illusione di essere lui a produrre l’immagine filmica e di “sognare” le immagini e la storia che compare sullo schermo. Il dispositivo cinematografo diviene, quindi, quello spazio immaginario dove immagine ed immaginazione coincidono, dove la realtà e la finzione cinematografica si sovrappongono. Come ricorda Pablo Picasso “L’arte è una bugia che serva a comprendere la verità” ed è proprio a partire da questa lapidaria affermazione dell’artista spagnolo che il cinema ha fondato la propria fortuna. Numerose, infatti, sono, le pellicole dove compare la figura degli “strizzacervelli”, rappresentata, in maniera ironica e dissacrante, come degli inguaribili seduttori, dei professionisti incauti e pasticcioni, dei ciarlatani da strapazzo o addirittura come dei soggetti più disturbati dei pazienti che hanno in cura. Incapaci di mettere ordine nella propria vita privata, sono sempre in cerca di protezione e di affetto e, per colmare il loro vuoto affettivo, si invaghiscono delle loro pazienti e finiscono per andarci a letto. Della variegata e variopinta rappresentazione dello psicoanalista sullo schermo, dei rapporti tra cinema e psicoanalisi e sogno e realtà si occuperà una Rassegna cinematografica, dal titolo “Il cineforum del dottor Freud” che curerò insieme al critico cinematografico Alberto Castellano de “Il Mattino”. La rassegna è alla seconda edizione  (la prima fu curata da entrambi nel 2005 ed allestita al Cinema Filangieri)  si terrà al PAN di Napoli, dal 28 al 31 gennaio e sarà ad ingresso gratuito. Le sedici pellicole scelte (quasi) tutte in bianco e nero sono firmate da alcuni dei più grandi Maestri del cinema; Alfred Hitchock, Fritz Lang, Douglas Sirk, Robert Siodmak, Luis Bunuel, John Huston, Roberto Rossellini, Ingmar Bergman…Buona visione a tutti.

 

 

Articolo pubblicato su La Voce della Campania – Numero 1- Gennaio 2007

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