Camille Claudel 1915 di Bruno Dumont – Francia- 2013

8 Dicembre 2024 | Di Ignazio Senatore
Camille Claudel 1915 di Bruno Dumont – Francia- 2013
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
0

Siamo nel 1915. La scultrice francese Camille Claudel (Juliette Binoche ), allieva e amante di Auguste Rodin, già internata dalla famiglia, è trasferita, a causa della guerra, nel manicomio Montdevergues Montfavet, vicino ad Avignone, a sud della Francia.

Nel corso del colloquio con il dottore (Robert Leroy) che l’ha in cura, Camille ripete, invano, come un disco rotto, che i familiari l’hanno abbandonata e che Rodin continua a tramare contro di lei.

Il medico l’ascolta in silenzio e comprende che lei non ha ancora riacquistato il proprio equilibrio psichico.

Frustrata e sconsolata, Camille s’aggira tra le spoglie mura del manicomio cercando di evitare il contatto con le altre pazienti ricoverate, sdentate ed indementite.

Sola e chiusa nel proprio dolore, Camille trascorre le giornate sempre eguali a se stesse, non scolpisce più e spera solo che i familiari e il fratello Paul (Jean-Luc Vincent), noto poeta, fervente bigotto, intercedano con i sanitari per farla uscire da quell’inferno.

Quando il dottore confida al fratello Paul che, a suo parere, Camille, seppur non ristabilita del tutto, potrebbe essere dimessa e andare a vivere in campagna, Paul non lo degna di una risposta e…

Tratto liberamente dalle opere e lettere di Paul Claudel e dalle cartelle cliniche della scultrice, questo film, dal taglio quasi documentaristico, sembra ripartire dalle ultime battute di quello diretto da Bruno Nuytten (L’età inquieta, Flanders…) nel 1988 ed interpretato da Isabelle Adjani, che si chiude, infatti, con il ricovero in manicomio di Camille.

Dumont non mostra mai, neppure in flashback, la talentuosa scultrice mentre, prima del ricovero, lavorava il marmo o la creta.

Coerentemente con la sua scelta stilistica, il regista francese, riduce all’osso i dialoghi e lascia che la macchina da presa perlustri il volto dolente e afflitto di Camille, devastato dalla sofferenza e perennemente rigato dalle lacrime.

Dumont (L’età inquieta, L’umanità, Ma loute…) lavora di sottrazione ed ambienta la vicenda nel disumano manicomio di Montdevergues a Montfavet.

Per tutta la durata del film a Camille non è concesso neanche un attimo di felicità e i titoli di coda ci ricordano che morirà, da sola, in manicomio, seppellita in una fossa comune.

Negli ultimi scambi, a dir poco agghiaccianti tra Paul e il dottore, il fratello, bigotto e puritano, confida al medico che la sorella, colpevole di essere stata l’amante di Rodin, non si era redenta e non avendo abbracciato la religione cattolica, era da considerarsi ancora una peccatrice e pertanto meritevole di essere punita con la reclusione in manicomio.

Per un approfondimento sul tema con schede film e commento critiche si rimanda alla lettura di “Cinema mon amour I 100 film francesi da amare” di Ignazio Senatore – Classi Editore – 2024

 

Comments are closed.

Questo sito utilizza strumenti di raccolta dei dati, come i Cookie. Questo sito utilizza Cookie tecnici e di terze parti per fornire alcuni servizi. Maggiori Informazioni

Questo sito utilizza i cookie per fonire la migliore esperienza di navigazione possibile. Continuando a utilizzare questo sito senza modificare le impostazioni dei cookie o clicchi su "Accetta" permetti al loro utilizzo.

Chiudi