Parigi. 1893. Cresciuta in un paesino della Borgogna, la ventenne Sidonie Gabrielle Colette (Keira Knightley) sposa l’aristocratico scrittore parigino Henry Gauthier-Villars, noto come “Willy” (Dominic West), più grande di lei di quattordici anni, e dalla pace e tranquillità della campagna, è catapultata nei frenetici salotti parigini.
Da provinciale, Colette diviene la regina dei saloni letterari francesi e inizia a scrivere dei romanzi autobiografici la cui eroina é Claudine, una donna libera, emancipata e sessualmente disinibita.
Il furbo e astuto Willy, magnate dell’editoria, intuendo che la moglie è una valente scrittrice, li pubblica, ma con il proprio nome.
La trama accattivante e i riferimenti ritenuti licenziosi e scandalosi per il tempo decretano ai romanzi un successo così travolgente che Claudine diviene un’icona per le giovani francesi.
Willy, giocatore d’azzardo e impenitente donnaiolo, dilapida però ben presto la ricchezza accumulata e, per continuare a godersi la vita, non disdegna di chiudere Gabrielle a chiave in una stanza, costringendola a scrivere altre storie imperniate intorno al fortunato personaggio di Claudine.
Lei obbedisce e non osa ribellarsi anche perché il marito sorvola sulle sue scappatelle amorose con altre donne, consapevole che lei potrebbe utilizzarle come materiale per i nuovi romanzi.
Gabrielle s’innamora della Marchesa di Belbeuf, detta Missy (Denise Gough), un’aristocratica eccentrica che si veste da uomo e le suggerisce di firmare gli scritti con il proprio nome.
Colette si esibisce con lei a teatro, a seno nudo, scandalizzando i benpensanti e i bigotti del tempo e quando scopre che Willy, soffocato dai debiti di gioco, ha venduto ad un editore i diritti d’autore dei suoi romanzi, pone fine al matrimonio e…
Wash Westmoreland (Non è peccato, The last of Robin Hood, Still Alice…) traspone sullo schermo il romanzo di Richard Glatzer e ha il merito di rispolverare una scrittrice anticonformista e all’avanguardia centrale del panorama letterario internazionale del XX° Secolo, candidata al Nobel nel 1948.
Nel corso del film, il regista sottolinea l’ambivalenza di Colette; nel privato, è soggiogata completamente dal cinico, egoista e opportunista marito e, in pubblico, eccentrica e trasgressiva, sfida le convenzioni sociali, vestendosi da uomo e scambiando sui palcoscenici francesi dei baci saffici con l’amata Missy.
Contemporaneamente, Westmoreland mostra come la vivace Gabrielle si identifichi sempre più con la sua creatura letteraria fino a incarnarla nella realtà.
La narrazione, abbastanza scolastica, procede senza grandi sobbalzi e mostra la lenta, ma inesorabile presa di coscienza della protagonista che, dopo aver subito le angherie del marito e accettato di rimanere per anni nell’ombra, si affranca da lui sul finale.
Anche se la confezione è convenzionale e fin troppo patinata, l’ambientazione, la fotografia, i costumi e la descrizione della Parigi della Bella Epoque sono perfetti.
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