Diaz. Don’t clean up this blood di Daniele Vicari – Italia – 2012 – Durata: 120’

5 Febbraio 2023 | Di Ignazio Senatore

Luglio 2001. Per le strade di Genova sfilano pacificamente dei cortei che inneggiano contro il G8.  Tra questi però ci sono alcuni esponenti violenti dei black bloc che incendiano auto e danneggiano le vetrine dei negozi. In risposta centinaia di poliziotti ed agenti di reparti speciali fanno irruzione nella scuola ‘Diaz’, dove hanno trovato alloggio novantatre giovani provenienti da diverse nazioni e impegnati in una protesta pacifica contro il summit. I poliziotti iniziano a pestare a sangue gli occupanti inermi e disarmati. Tra questi Luca (Elio Germano), giornalista della Gazzetta di Bologna, arrivato a Genova per documentarsi di persona sui fatti e sulla morte di Carlo Giuliani, un ragazzo ucciso da un poliziotto durante gli scontri; Anselmo (Renato Scarpa), anziano militante della CGIL che ha partecipato al corteo assieme ai suoi compagni pensionati; Alma (Jennifer Ulrich), un’anarchica tedesca, Etienne e Cecile, due anarchici francesi. Tra i poliziotti l’unico che cerca, in qualche modo di evitare il massacro è Max (Claudio Santamaria), vicequestore aggiunto del primo reparto mobile di Roma che il VII nucleo. Per scagionarsi dall’infame rappresaglia e cercare di coprirla, Serpieri (Rolando Ravello) e gli altri funzionari della questura e della polizia, in conferenza stampa, mentendo, dopo averle introdotte, dichiarano che nella Scuola Diaz avevano trovato molotov, spranghe, coltelli ed altre armi custoditi dai militanti dei black bloc e che avevano solo reagito ai loro attacchi e provocazioni. La verità verrà a galla e durante il processo sono svelate anche le violenze contro gli arrestati nella caserma di Bolzaneto.

Vicari dirige Diaz. Don’t clean up this blood, un film necessario sugli orrori avvenuti nella scuola Diaz e nella caserma Bolzaneto e, dopo aver attinto a numerose testimonianze visive ed ai verbali esistenti, mescolando materiali di repertorio a flash-back e flash-forward, evita il taglio documentaristico e la semplice ricostruzione cronologica dei fatti. Il regista sceglie un taglio realistico e senza  spettacolarizzare gli scontri, segue un gruppo di pacifici manifestanti e di alcuni black bloc La tensione è sempre molto alta e man mano che le scene si susseguono sembra inverosimile come alla Diaz dei poliziotti abbiano calpestato, così impunemente, i più elementari diritti umani. Il film ha un sottotitolo e cita un cartello “Don’t clean up this blood” scritto da un’occupante del Diaz. Premi: 62 Festival di Berlino (2012): Premio del pubblico. Nastri d’Argento (2012): miglior produttore, montaggio, sonoro in presa diretta.

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