Ema (Mariana Di Girolamo) è una ballerina e Gastón (Gael García Bernal) un coreografo. Lui è sterile e i due adottano Polo, un bambino che, giocando con i fiammiferi, appicca il fuoco in casa e brucia il viso della zia.
Ema e Gastòn decidono di allontanarlo e gli assistenti sociali lo affidano a Anibal (Santiago Cabrera) e alla moglie. Ma, senza il piccolo, Ema e Gastòn cadono a pezzi e si rinfacciano accuse ed errori.
Per stordire il dolore di non essere una brava madre, Ema si getta nelle braccia di Anibal e poi di Rachel, l’avvocato alla quale si rivolge per divorziare da Gastòn. Il fuoco, però, l’attrae e la spinge a dar fuoco, catarticamente, a quello che le capita a tiro…
Pablo Larraín dirige un melodramma che arriva dritto allo stomaco dello spettatore. Per sentirsi libera Ema si scatena nei balletti, ma è incapace, al pari di Gastòn, di prendersi cura di Palo, sballottolato, come un paco postale da un genitore adottivo all’altro.
Larrain mostra con un certo compiacimento la furia auto-distruttiva dei disarmanti Ema e Gastòn, ma non giudica e (soprattutto) non bara.
Recensione pubblicata su Segnocinema N. 231 – settembre- ottobre 2021
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