Fedora di Billy Wilder – 1978

5 Giugno 2015 | Di Ignazio Senatore
Fedora di Billy Wilder – 1978
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Il produttore Barry Detweiler (Willliam Holden) è deciso a far ritornare sugli schermi Fedora, la grande diva hollywoodiana che da anni si è ritirata a Corfù, lontana dai riflettori e dai clamori del mondo. Rimasta misteriosamente giovane come un tempo (pur avendo sessantasette anni ne dimostra la metà) la grande attrice vive in una lussuosa villa ed è strettamente controllata dalla contessa Sobrianski (Hildegard Knef), dal dottor Vando (Josè Ferrer) e da Miss Balfour (Frances Stenhagen) .

Giunto sull’isola, Barry cerca più volte di contattarla e quando riesce fortunatamente ad incrociarla per strada, la donna, in preda ad un forte stato di agitazione, gli confessa che è tenuta prigioniera dai suoi carcerieri, che non è libera di disporre del cospicuo patrimonio economico, né di lasciare l’isola. Barry non si da per vinto e riesce a farle pervenire la sceneggiatura del film. Fedora è sempre più instabile, incerta e nervosa ed il dottor Vando confessa al produttore che lei soffre di “allucinazioni paranoiche” , che da alcuni anni dà segni di un evidente squilibrio mentale e che i dispositivi di controllo adottati nei suoi confronti hanno il solo scopo di evitare uno scandalo e di preservare la sua immagine presso il grande pubblico. Barry è sul punto di abbandonare il progetto ma la vicenda gli riserverà ben altre sorprese. Fedora, molti anni prima, si era sottoposta ad un’ennesima operazione di ringiovanimento; l’intervento eseguito dal dottor Vando non solo le aveva sfigurato completamente il volto ma l’aveva inchiodata su una sedia a rotelle. L’attrice si era ritirata, in gran segreto, per un po’ dalle scene ma avendo scoperto che sua figlia Antonia (Marthe Keller) con qualche piccolo ritocco era identica a lei, le aveva suggerito di assumere la sua identità e di recitare al suo posto. Completamente plagiata dalla madre che aveva, intanto, assunto l’identità fittizia della contessa Sobrainski, Antonia aveva continuato a recitare fingendo di essere Fedora e a mietere successi. Ma la situazione precipita quando Antonia si innamora su un set di un giovane attore; resasi conto che non avrebbe mai potuto svelargli la propria identità, tenta il suicidio. Dopo il ritiro dalle scene e l’esilio dorato a Corfù,  l’equilibrio psicologico di Antonia era precipitato sempre più fino a spingerla al tragico suicidio. Le ultime scene del film ci mostrano la folla oceanica di ammiratori che si recano a rendere omaggio alla salma di Fedora e Barry che si allontanerà, custodendo dentro di sé l’amara verità.

Il film, diretto da Billy Wilder, è un lunghissimo flashback ed è una amara, nostalgica e disincantata metariflessione sugli anni d’oro del cinema hollywoodiano.

Fedora, incapace di tollerare l’oblio e l’inarrestabile insidie del tempo, è una madre gelida ed insensibile, così narcisisticamente ripiegata su se stessa che incarcera la figlia in un ruolo fittizio da cui non potrà mai più liberarsi; Antonia, dopo aver goduto dei successi e della fama, in nome e per conto della madre, prima di suicidarsi sotto un treno come Anna Karenina, la sua eroina preferita, cercherà di anestetizzare il proprio dolore assumendo dosi sempre più massicce di stupefacenti. Il film è quasi perfetto e non presenta smagliature ma è meno disperato, onirico e visionario di Viale del tramonto. Tratto da un racconto di Thomas Tryon.

 

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