Focus 2003: Uno, nessuno…

19 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
Focus 2003: Uno, nessuno…
Interviste a Senatore
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“Focus”  Numero 132- Ottobre – 2003

“Uno nessuno centomila”

di Marta Erba

Tante persone che convivono nello stesso corpo. Che hanno nomi diversi, voci diverse, scritture diverse, e sembrano non sapere nulla l’una dell’altra. Di situazioni simili al cinema ne abbiamo viste tante: dal recente Identità ad alcuni capolavori di Hitchcock (“Psyco”, “Marnie”), passando per Brian De Palma (“Doppia personalità”) e perfino Totò (“Totò Diabolicus”). Per non parlare di un classico della letteratura quale “Il dottor Jekyll e Mr Hyde” di Robert Louis Stevenson. Ma è scienza o fantascienza? Leo Nahon, primario presso l’Azienda Ospedaliera Niguarda Cà Granda di Milano, lo definisce un “affascinante quesito della psichiatria”. “Il disturbo comunque esiste” afferma lo psichiatra “anche se le rappresentazioni cinematografiche e letterarie sottolineano troppo gli aspetti discordanti delle personalità. (…) Ma di che cosa si tratta? Per capirlo bisogna anzitutto partire dal nome. Oggi gli psichiatri non parlano più di “personalità multiple” ma di “disturbo dissociativo d’identità”. La personalità insomma è una sola ma frammentata. Compaiono così più identità (generalmente due o tre, ma sono rari i casi in cui se ne manifestano decine) che sono inconsapevoli l’una dell’altra come se agissero indipendentemente. Perché succede? Alla base delle personalità multiple c’è la “dissociazione”, ovvero la perdita della consapevolezza di sé. Un evento che, in misura limitata, colpisce chiunque: per esempio quando guidiamo soprappensiero lungo strade ben note , e all’improvviso notiamo di essere arrivati. L’ipnosi stessa è un classico esempio di dissociazione: durante la trance si annulla la percezione di ciò che si sta intorno perché ci sta intorno perché ci si concentra su altri stimoli. (…) Non c’è dubbio: il cinema è stato sempre affascinato dalle personalità multiple. Ma se i primi film sull’argomento documentavano casi clinici reali (“La donna dei tre volti”), i successivi provengono dalla fantasia: “Doppia personalità” di Brian De Palma, “Session 9” di Brad Anderson, “Identità” di James Mangold, “Io me e Irene” di Bobby e Peter Farrelly. Perché questa passione? “Si tratta di un disturbo che si presta alla suspense”, spiega Ignazio Senatore, psichiatra all’Università Federico II di Napoli. Basti pensare al Norman Bates di “Psyco” che parla con la voce della madre morta, e alla regressione catartica di “Marnie”, entrambi di Hitchcock. O allo psicopatico di “Schegge di paura” (film di Gregory Hoblit, con Richard Gere ed Edward Norton). Che simula con successo il disturbo tanto da venire assolto dall’accusa di omicidio. Ma la ragione fondamentale, forse è un’altra. Chi va al cinema, in fondo, vuole dissociarsi, spiega Senatore, cioè calarsi nei personaggi, dimenticando se stesso.”

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