Follia di Woodbridge Strong Van Dyke II – USA – 1941

5 Gennaio 2019 | Di Ignazio Senatore
Follia di Woodbridge Strong Van Dyke II – USA – 1941
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Londra 1936. Il console inglese si presenta notte fonda nella Clinica per malattie nervose e mentali perché chiamato dal dottor Romanov ad identificare un paziente di nazionalità inglese. E mentre il console discorre piacevolmente con il dottore, si scopre che il paziente è misteriosamente fuggito. Cambio di scena; ci ritroviamo nella hall di un lussuoso albergo. Philiph Monrel (Robert Montgomery) incontra Hugo (George Sanders) un suo vecchio compagno d’università e lo invita a casa sua. Ad attenderli l’anziana madre di Philiph e Stella Bergen (Ingrid Bergman) la giovane dama di compagnia. Stella, seppure affascinata da Hugo sposa Philiph. Ma l’uomo, corroso dalla gelosia, convinto che sua moglie è ancora innamorata di Hugo, cerca dapprima di ammazzare il suo rivale, poi la moglie ed infine si uccide, lasciando che il suo odiato nemico sia incolpato del delitto. Sul finale, grazie all’aiuto del dottor Romanov, la verità viene a galla e si scopre l’uomo che era fuggito, allora, dal manicomio era lo stesso Philiph. 

Film che propone momenti di grande tensione ad imbarazzanti stasi narrative. La bellezza della storia è da ricercare nella descrizione di Philiph, un uomo apparentemente dosato, freddo e dotato di uno stupefacente controllo emotivo, al centro di un dramma passionale che lo porterà gradatamente, alla follia. Il regista, con tocco elegante, descrive l’atteggiamento ambivalente di Philiph che, seppur ossessionato dall’idea che Hugo possa avere una relazione con Stella, gli chiede di collaborare con lui nella gestione della fonderia di sua proprietà, lo invita  più volte  a cena e lo lascia (volutamente) da solo con la moglie per poter spiare il suo atteggiamento. Al  regista, inoltre, non interessa confondere le acque (ne è la prova che in tutto il film non mostra mai un atteggiamento “tenero” tra i due improbabili amanti) ma descrivere la lenta ed inesorabile discesa negli inferi di un uomo che invece di uccidere la moglie o il suo presunto amante, architetta un diabolico piano (il suicidio) per “vendicarsi” del suo acerrimo rivale. Tratto da un romanzo di James Hilton e sceneggiato da Christopher Isherwood. Il titolo originale deriva da due versi di William Blake: “Un usignolo in gabbia/suscita la rabbia di tutto il cielo”.

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