La recensione di Ignazio Senatore: “Giacomo Furia – Vita e carriera di un attore caratterista” di Francesca Crisci – Graus Editore – 2021

27 Aprile 2020 | Di Ignazio Senatore
La recensione di Ignazio Senatore: “Giacomo Furia – Vita e carriera di un attore caratterista” di Francesca Crisci – Graus Editore – 2021
Senatore giornalista
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Chi non lo ricorda nel ruolo di Rosario, marito della prosperosa pizzaiola, interpretata da Sophia Loren, nell’episodio “Pizze a credito” de “L’oro di Napoli” di Vittorio De Sica o nel ruolo di Cardone, al fianco di Totò e Peppino De Filippo, ne “La banda degli onesti”, diretto da Camillo Mastrocinque?

Parliamo, naturalmente, di Giacomo Furia, il grande caratterista, nato ad Arienzo, piccolo comune della provincia di Caserta, il 28 dicembre del 1924, la cui figura è stata rispolverata da Francesca Crisci, nel suo recente saggio “Giacomo Furia. Vita e carriera di un attore caratterista”, edito da Graus Edizioni,

Grazie alla sua faccia paffuta e lo sguardo da bambinone un po’ credulone, Giacomo Furia ha quasi sempre interpretato sul grande schermo il ruolo di “spalla”, termine con il quale si intende quel personaggio, spesso vittima del comico che gli è affianco e che, con il suo atteggiamento un po’ passivo, ha il compito di fornire la battuta all’attore principale.

Impareggiabile nell’interpretare quei personaggi un po’ spaesati, pasticcioni ed incapaci di leggere la realtà che li circonda, Giacomo Furia è stato una delle “spalle” preferite di Totò e al fianco al “principe della risata” è apparso in tanti film, tra cui  “Il medico dei pazzi”, “Totò cerca casa”, “TotoTarzan”, “Totò, Eva e il pennello proibito” e  Totò sceicco”.

Prima di esordire sul grande schermo nel 1948 in “Assunta Spina” di Mario Mattoli, l’attore casertano debuttò in teatro, nel 1945, nella compagnia di Eduardo De Filippo, in “Napoli milionaria”, ” con il ruolo di “Peppe ‘o cricco”.

Con il grande drammaturgo napoletano recitò fino al 1949, anno nel quale, attratto anche dal mondo del cinema, abbandonò la compagnia. A scatenare le ire di Eduardo non fu la sua apparizione ne “La macchina ammazzacattivi” di Rossellini, quanto la sua scelta di recitare a teatro nella compagnia del fratello Peppino, con il quale apparve poi in diversi film, tra i quali “Totò, Peppino e le fanatiche”. Anche se nella sua lunga carriera cinematografica non ha mai rivestito il ruolo di protagonista, è stato diretto da registi come Fellini, Rosi, Bragaglia, Zampa, Steno, Lattuada e Salce. Attore duttile, capace di mutare rapidamente registro, è apparso in numerosi caroselli, al fianco di Walter Chiari, Dario Fo e Nino Taranto e in tanti sceneggiati televisivi ma vanta anche una carriera di doppiatore, soprattutto di quelle pellicole ambientate a Napoli come “Cafè express”, “I guappi non si toccano”, “Piedone lo sbirro”, “I figli…so pezzi e core”. Per tenere viva la sua memoria il Comune di Arienzo ha istituito nel maggio scorso, un museo a lui dedicato, che contiene foto di famiglia, manoscritti e lettere del grande caratterista.

Articolo pubblicato su il Corriere del Mezzogiorno – 25.4.2020

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