Giovannesi e Ferrente. C’è un po’ di Napoli a Berlino

8 Febbraio 2019 | Di Ignazio Senatore
Giovannesi e Ferrente. C’è un po’ di Napoli a Berlino
Senatore giornalista
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C’è un po’ di Napoli a Berlino dove Claudio Giovannesi e Agostino Ferrente, uniti dallo stesso sguardo, portano la città problematica e convulsa, ma pulsante e vitale, alla 69° Edizione del Festival del cinema di Berlino, che da ieri ha aperto i battenti. 

Giovannesi (“Alì ha gli occhi azzurri”, “Fiore”), uno sguardo sensibile sul mondo adolescenziale, traspone sullo schermo “La paranza dei bambini”, unico film italiano in concorso, tratto dall’omonimo romanzo di Roberto Saviano. Dieci ragazzini dai nomi buffi ed innocenti (Maraja, Pesce Moscio, Dentino, Drone, Tyson, Biscottino, Lollipop, O’Russ, Briatò), appartenenti ad una banda criminale, capeggiata del giovane Nicolas Fiorillo, scorazzano per la città a bordo dei loro scooter. Sfrontati, spregiudicati, noncuranti del carcere e della morte,  scarpe firmate e il nome delle ragazze tatuato sulla pelle, sono disposti a tutto pur di fare soldi e conquistare il potere. Senza sprezzo del pericolo sparano con le loro pistole semi-automatiche, seminano il terrore nei quartieri, compiendo furti, uccidendo i camorristi rivali e stringendo alleanze con i vecchi boss in declino.

Il titolo del film fa riferimento ad un termine marinaresco: la paranza è composta da barche da pesca che vanno a caccia di quei giovani pesci, di piccole dimensioni che, attratti dalla luce intensa luce delle lampare, salgono verso la superficie e rimangono, inesorabilmente, intrappolati nelle reti dei pescatori. Parimenti, i giovani protagonisti della vicenda, accecati dalla sete di potere e dalla smania del denaro, disposti ad ottenerli con ogni mezzo, finiranno per andare incontro ad un infausto destino. Nel cast Francesco Di Napoli, Artem Tkachuk, Alfredo Turitto, Ciro Vecchione, Ciro Pellecchia, Mattia Piano Del Balzo.

Il documentarista Agostino Ferrente (“L’orchestra di Piazza Vittorio”, “Le cose belle”) con il suo “Selfie (Ho sognato che Davide era vivo)”, ambienta la vicenda nel quartiere Traiano di Napoli e punta la macchina da presa su due adolescenti Pietro ed Alessandro, che con il loro smartphone riprendono se stessi e narrano il difficile quartiere dove vivono.

Pietro, figlio di un pizzaiolo che lavora in un’altra città e torna a casa una volta la settimana, è disoccupato, ma sogna di diventare parrucchiere; Alessandro, invece, cresciuto in assenza del padre, ha abbandonato la scuola dopo aver litigato con un insegnante e fa il garzone di un bar. Amici fraterni, entrambi raccontano la tragica vicenda di Davide, un loro amico sedicenne, che, abbandonata la scuola, sognava di diventare calciatore. In sella ad un motorino senza casco, scambiato per un fuggiasco rimase ucciso nel 2014 da un carabiniere al termine di un inseguimento.

Articolo pubblicato su il Corriere del Mezzogiorno – 8-2-2019

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