La polizia sta inseguendo un uomo che si è macchiato dell’ennesimo delitto. è Jack lo Squartatore che, dopo essersi rifugiato precipitosamente nella propria casa, prima bacia la moglie, poi la uccide davanti agli occhi terrorizzati di Anna (Angharad Rees), la sua bambina. Da quel giorno, complice il luccichio di un gioiello o il riflesso di un oggetto rifrangente, chiunque prova a baciarla scatena in lei un’incontrollabile furia omicida. Il dottor John Pritchard (Eric Porter) assiste a una seduta spiritica che culmina nell’uccisione di una certa Madame Goldwin per mano di Anna. Incuriosito dal suo caso, l’accoglie in casa, certo che il suo comportamento sia originato da un trauma infantile e la sottopone ad alcune sedute ipnotiche. Anna continua a macchiarsi di atroci delitti e il dottore consulta una medium che gli rivela che la ragazza è la figlia di Jack lo Squartatore e che la violenza di suo padre è in lei. Complice il solito bagliore di luce, Anna uccide la donna davanti ai suoi occhi. Il dottore comprende che ogni suo sforzo è vano e che non potrà mai guarirla, quindi, nel salutarla per l’ultima volta, la bacia scatenando la sua furia assassina. In un crescendo tragico, Anna è sul punto di ammazzare Laura (Jane Merrow) la fidanzata cieca del dottore, ma dopo aver controllato i propri impulsi omicidi si toglierà la vita, lanciandosi nel vuoto.
Classico del filone gotico del cinema inglese, il film anche se discontinuo e pieno di falle narrative, intriga e affascina per la straordinaria tragicità dei protagonisti. Da un lato la tenera e angelica Anna, costretta per una presunta tara ereditaria a compiere efferati delitti e dall’altro il dottor Pritchard che, dopo le rivelazioni della medium che sconfessano le sue teorie, firmerà la propria morte baciando volontariamente la sua protetta. Anche se nella trama ci sono dei chiari riferimenti a Jack lo Squartatore, il film non è mai truculento e l’attenzione del regista è rivolta soprattutto allo scavo psicologico dei personaggi e al loro travaglio emotivo. Il regista Peter Sasdy ambienta la vicenda a Londra nella metà dell’Ottocento e lascia trapelare come Anna fosse spinta a compiere gli atroci delitti ogni qual volta entrava in contatto con la propria sessualità negata. Il giovane dottore, segretamente innamorato di Anna è un pioniere della psicoanalisi e a Dysart, un deputato che aveva assistito all’omicidio di Madame Goldwin rivela: “Io penso che la ragazza soffra di un disordine mentale, forse suscitato da qualche orribile esperienza da bambina o forse è congenito, però le ha ottenebrato la mente. C’è un medico austriaco che si chiama Freud che ha studiato queste anomalie e le chiama “schizofrenia”. Adotta anche un nuovo metodo chiamato “psicoanalisi” per esplorare la mente e i suoi disturbi e per scoprire il perché. è questo il metodo che intendo usare con Anna, ma mi serve il suo aiuto. Forse ora capirà perché ho mentito alla polizia. Sfruttando la sua posizione politica, dovrebbe scoprire tutto il passato di Anna, la famiglia, dove viveva, tutto…Il minimo particolare potrebbe essere importante per capire il suo stato attuale”.
Di grandissima intensità le scene con cui Sasdy filma la furia omicida che s’impossessa della protagonista e, ricorrendo all’uso dei piani ravvicinati, riprende alternativamente gli occhi sbarrati di Anna, i riflessi degli oggetti e dei gioielli che riverberano sul suo viso e il corpo martoriato della povera vittima. Dal racconto L’inquilino di Marie Belloc Lowndes.
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