Godard, vivere stanca

30 Settembre 2022 | Di Ignazio Senatore
Godard, vivere stanca
Senatore giornalista
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Il 13 settembre, ricorrendo al suicido assistito, ha scelto di lasciarci Jean Luc Godard, regista  anarchico e visionario. Parigino, nato nel ’30, da una famiglia borghese protestante, il giovane Jean, in qualità di critico cinematografico, collabora a diverse riviste e ai prestigiosi “Cahier du Cinema”. Dopo aver diretto alcuni cortometraggi, raggiunge la fama internazionale  nel ’59 con “Fino all’ultimo respiro”, film interpretato da Jean Paul Belmondo e Jean Seberg, tratto da un soggetto di Francois Truffaut. Grazie all’uso della macchina a mano, ad un montaggio “indisciplinato” e all’interpellazione degli attori, il film divenne il manifesto della Nouvelle Vague, spazzando così via il cosiddetto“cinema di papà”. Convinto assertore che ogni regista dovrebbe puntare all’invisibile filmico e a destrutturare la narrativa cinematografica, declama la sua poetica, con la perentoria affermazione: “In una storia c’è sempre un inizio, un centro e una fine ma non necessariamente in quest’ordine”. Noto per  le dirompenti e poetiche affermazioni “Al montaggio si incontra il destino”, “Sono partito dall’immaginario e ho scoperto il reale, ma dietro questo c’è di nuovo l’immaginario”, “Bisogna fare i film sulle donne che si amano”, “Per guardare il cinema si alza la testa,  per guardare la tv la si abbassa”, ha diretto diversi film che, per l’originalità, hanno diviso spesso critica e pubblico. Tra questi: “Una donna sposata” (1964),“Agente Lemmy Caution: missione Alphaville” (1965), “Il bandito delle 11” (1965), “Due o tre cose che so di lei” (1967),“La cinese”(1967) e gli “scandalosi” “Prénom Carmen (1983) e “Je vous salue, Marie” (1985). Ma, forse, il film che resterà per sempre impresso nella memoria di tutti i cinefili è “Il disprezzo”, tratto da un romanzo di Alberto Moravia, ambientato a Capri, nella magnifica villa che fu di Curzio Malaparte, interpretato da Michel Piccoli e da una luminosa Brigitte Bardot. La lavorazione di questo “film nel film” fu funestata da continui litigi tra Godard e i produttori, dall’atteggiamento di Jack Palance, spesso ubriaco, dalla scelta della Bardot di comunicare con Godard solo con intermediari e dalla confusione sul set dove Bardot e Piccoli parlavano in francese e Palance in inglese. Nella versione italiana Carlo Ponti vampirizzò letteralmente il film e lo fece accorciare di circa venti minuti, cambiò dei dialoghi, trasformando la presa diretta in doppiaggio (nell’originale ogni attore parlava nella propria lingua), fece rimontare intere sequenze, sostituì la musica di Georges Delerue con quella di Piero Piccioni e lo fece stampare con dei colori diversi. Non pago, insoddisfatto perché Godard non aveva sfruttato la Bardot in chiave sexy, il produttore decise di non inviare il film alla Mostra del Cinema di Venezia e impose al regista di girare delle scene di nudo con l’attrice francese che poi furono tagliate. Godard alla fine, dopo mille polemiche, disconobbe la versione italiana. A conferma dei dissapori che nacquero sul set del film, lo stesso Godard, dichiarò:” Ho diretto Brigitte Bardot ne “l disprezzo” dal romanzo di Moravia. Me ne sono pentito, sinceramente. Ma l’avevo presa perché mi era sembrata brava ne “La vita privata” e anche Louis Malle me l’aveva raccomandata. Brigitte venne e ci rimase male quando seppe che il suo personaggio era quella di una donna scontenta, disillusa, nemmeno tempermentosa a letto. Io le chiedo: “Ma non hai letto il copione?”. Lei mi risponde candidamente che non ha mai letto una sceneggiatura per intero in dieci anni di carriera.” Punto di riferimento per decine di registi indipendenti e anticonformisti,  Jean Luc Godard, per i suoi film, continuerà ad essere, anche in futuro, al centro di dibattiti e convegni.

Articolo pubblicato su il Corace- Settembre 2022

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