Ha settant’anni “Totò a colori”. Ne compiono sessanta “Totò diabolicus”, “Lo smemorato di Collegno” (e non solo)

15 Gennaio 2022 | Di Ignazio Senatore
Ha settant’anni “Totò a colori”. Ne compiono sessanta “Totò diabolicus”, “Lo smemorato di Collegno” (e non solo)
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Nel 2022 ricorrono gli anniversari di alcuni film tra i più famosi e amati interpretati dal “principe della risata”. A partire da “Totò a colori”, che ha compiuto settant’anni. Fu la prima pellicola a colori della cinematografia nazionale, per la regia di Steno. Girato negli stabilimenti della Vasca Navale, fu impaginato come una sorta di collage dei più famosi sketch che Toto, con la sua compagnia di avanspettacolo, aveva interpretato nei più famosi teatri italiani. Prodotto da Carlo Ponti, Dino De Laurentiis e Giovanni Amato, fu possibile realizzarlo grazie ai tecnici della Ferrania. Al tempo, infatti, il bianco sullo schermo virava nell’azzurro e, per illuminare le scene, fu necessario impiegare un numero enorme di lampade che resero la temperatura del set così incandescente che durante la lavorazione Totò una volta svenne e fu necessario porre del ghiaccio sotto la sua parrucca, che aveva iniziato a fumare. Protagonista il “principe della risata” nei panni di Antonio Scannagatti, scalcinato musicista di Caianello che, credendo di essere un genio musicale, da anni invia, senza successo, le sue composizioni ai più noti editori musicali. Grazie all’arrivo di un concittadino giunto dall’America, è invitato a dirigere la banda del paese. E’ per Scannagatti l’inizio di una serie di mirabolanti avventure. Costato pochissimo, il film ebbe un enorme successo al botteghino, grazie alla straordinaria verve di Totò che, da vero mattatore, improvvisando sul set, allungò le scene non sense, portandole fino all’estremo. Su tutte quella del vagone letto con Mario Castellani, nei panni dell’onorevole Cosimo Trombetta, l’altra ambientata a Capri, quando in una scena ironizza su un “finto Picassò” alla presenza di Franca Valeri, nei panni della “signorina snob”, e quella finale, nella quale, dinoccolandosi come un burattino, si traveste da Pinocchio.

Dieci anni dopo, Totò compare in ben cinque film. In “Totò contro Maciste”, spassosa parodia del “peplum”, genere cinematografico in gran voga in quegli anni in Italia, diretto da Fernando Cerchio, veste i panni di Totocamen, artista spacciato dal suo manager (Nino Taranto), come figlio del Dio Amon e dotato di una forza erculea. Finirà, suo malgrado, per scatenare la gelosia dell’invincibile Maciste. Un gradino sotto “Totò di notte N.1”, diretto da Mario Amendola, una sorta di inchiesta sul mondo dei locali notturni di mezza Europa. Poco fortunato anche “Totò e Peppino divisi a Berlino”, diretto da Giorgio Bianchi, dove interpreta Antonio La Puzza, un poveraccio che in cerca di fortuna si reca a Berlino e si troverà al centro di un intrigo internazionale. Decisamente più ispirato “Lo smemorato di Collegno”, per la regia di Sergio Corbucci, vicenda liberamente ispirata al celebre caso Canella -Bruneri, avvenuto negli anni Venti. E’, infine, un piccolo gioiellino di humour nero “Totò diabolicus”, diretto da Steno, divertente parodia del giallo-poliziesco. Nel film Totò, sfoggiando delle insuperabili doti di trasformista, interpreta addirittura sei personaggi, imparentati tra loro. Tra le tante gustose scenette, è entrata a far parte dell’immaginario collettivo quella nella quale Totò, nei panni del chirurgo, opera il malcapitato Pietro De Vico.

Articolo pubblicato su il Corriere del Mezzogiorno – 15-1- 2022

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