I delfini di Francesco Maselli – Italia – 1960 – Durata 110’ – B/N – V.M 16

15 Gennaio 2020 | Di Ignazio Senatore
I delfini di Francesco Maselli – Italia – 1960 – Durata 110’ – B/N – V.M 16
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Anni Sessanta. In una città di provincia dell’Italia centrale dei ricchi e viziati figli di papà, soprannominati “i delfini”, trascinano le loro vite nella noia e nell’indifferenza; Alberto (Tomas Milian), bel tenebroso e cinico dongiovanni, scorazza per la città a bordo di una roboante Ferrari; Anselmo (Gérard Blain) animo sensibile e tormentato è il primogenito di un uomo potente e senza scrupoli che si è arricchito in maniera illecita; Marina (Anna Maria Ferrero) figlia di genitori separati ha il vizio del bere e si ricovera in una clinica in Svizzera; Elsa (Antonella Lualdi) sorella di Anselmo è fidanzata con l’anonimo e scolorito Sisino (Enzo Garinei); Cheré (Betsy Blair) è una contessina tenera e civettuola.  Ammirati ed invidiati da tutti, “i delfini” si ritrovano nel bar della piazza principale e trascorrono le serate organizzando delle feste nelle loro lussuose ville. Fedora (Claudia Cardinale) una giovane ed affascinante affittacamere, fidanzata con Mario (Sergio Fantoni), un medico dalle belle speranze, sogna di uscire dal grigio anonimato, non appena incontra Alberto ad una festa gli casca tra le braccia. Mario, accusa il colpo, imbastisce una sbiadita relazione con Cherè, Elsa accetta la corte di Ridolfi (Claudio Gora) uno strozzino senza scrupoli  Marina, al suo ritorno dalla Svizzera convince Anselmo a deporre i sogni nel cassetto ed a lavorare con il padre. Sul finale Fedora rimane incinta ma comprende di non aver trovato la felicità e  Cherè è derisa ed umiliata dai suoi amici perché coperta di debiti

Al suo secondo film Maselli regala un affresco pessimista e senza speranza sui guasti che attanagliano la provincia italiana. “Per aspirare a qualcosa di più c’è da superare il muro, un muro altissimo, invisibile, di cristallo e dietro questo muro ci sono i delfini, li chiamano così come il figlio primogenito del re di Francia. I nostri delfini non hanno da ereditare un trono ma tante altre cose.”  Sono queste le parole che Fedora rivolge a Mario svelando, sin alle prime battute, quali sono i suoi sogni ed aspirazioni. Ed è proprio lei l’emblema della dissolutezza di una generazione vuota e priva di ideali che punta solo al denaro ed all’apparenza. Maselli  affida ad Anselmo il ruolo dell’adolescente inquieto e tormentato che prova ad uscire da quella stagnante palude emotiva ma, anche lui, messi da parte sogni ed ideali, finisce per lavorare nella fabbrica del padre. Sul finale Fedora scopre di non amare più Alberto e prova timidamente a lasciarlo, ma lui la inchioda alla cocente realtà. Sullo sfondo il morboso rapporto tra Anselmo e la sorella Elsa, ai limiti dell’incesto. Da un soggetto di Antonio Pietrangeli, sceneggiato da Maselli, Ennio De Concini e Aggeo Savioli con la collaborazione di Alberto Moravia.

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