I settant’anni di un Premio Oscar partenopeo a Milano

31 Luglio 2020 | Di Ignazio Senatore
I settant’anni di un Premio Oscar partenopeo a Milano
Senatore giornalista
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E’ l’anno dei compleanni tondi. Dopo quello di Antonio Capuano, che ha festeggiato ottant’anni,  Antonietta De Lillo e Pappi Corsicato i sessanta e Paolo Sorrentino i cinquanta, un altro premio Oscar, Gabriele Salvatores ha tagliato ieri un altro importante traguardo; quello dei settant’anni. Nato a Napoli, in Via Solitaria, in una casa alle spalle di Piazza Plebiscito, dovette trasferirsi all’età di sei anni a Milano perché il padre, avvocato, aveva accettato una proposta lavorativa di una società assicurativa. L’impatto con quel mondo che osteggiava i meridionali fu per Salvatores  doloroso ma, nel tempo, affinò sempre più le sue doti artistiche, e dopo essersi diplomato all’Accademia di Arte Drammatica e frequentato, poi, sul finire degli anni Settanta, il Teatro dell’Elfo, fa il suo esordio al cinema nell’83 con un film “Sogno di una notte d’estate”, originale, ma un po’ frammentato. Nell’87 fu la volta di “Kamikazen- Ultima notte a Milano”, commedia divertente con Silvio Orlando, Paolo Rossi, Claudio Bisio e Gigio Alberti.  Ma già nel film successivo cambiò registro e raccolse unanimi consensi di critica e di pubblico con “Turné, interpretato da Fabrizio Bentivoglio, Diego Abatantuono e Laura Morante, il primo della cosiddetta “trilogia della fuga”, a cui fecero seguito “Marrakech Express” e “Puerto Escondido”. La sua consacrazione internazionale avvenne nel ’91 con “Mediterraneo”, film premiato con l’Oscar per il miglior film straniero.

Regista diseguale, sperimentatore sempre di nuovi linguaggi, ha fatto incetta di David di Donatello e Nastri d’argento, attraversando diversi generi; fantascienza (Nirvana), impegno civile (“Sud”, “Io non ho paura”), noir (“Quo vadis baby”) commedie (“Happy family”), fantasy (Il ragazzo invisibile 1 e 2).

“Credo che il cinema debba far nascere desideri e che li debba comunicare.” ha dichiarato nel corso di un’intervista il regista napoletano e, coerente a questo suo sentire, ha sempre messo al centro delle sue storie, delle vicende umane in grado di commuovere e raggiungere il cuore dello spettatore. “Non ho figli, ma stare con loro mi ha ricordato il vero ruolo di un regista: prendersi la responsabilità, proteggere gli attori, quando è necessario, e dare sicurezza. Come un genitore” ha dichiarato recentemente, e questo suo legame empatico con gli attori, ha permesso che Bentivoglio, Abatantuono, Golino, Rubini, fossero premiati con decine di riconoscimenti. Salvatores ha spesso dichiarato che, dopo “Denti”, del 2000, vorrebbe girare un prossimo film a Napoli,  ma attualmente è impegnato in un docufilm dal titolo “Viaggio in Italia”, dando voce ai video girati da Nord a Sud con gli smartphone degli italiani, ai tempi del coronavirus. La sua Napoli lo aspetta a braccia aperte.”

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