Il candidato merce

14 Dicembre 2014 | Di Ignazio Senatore
Il candidato merce
Senatore giornalista
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Avete mai visto una pubblicità di un’automobile che perde l’olio o che ha dei problemi ai freni? O quella di un detersivo che non smacchia per niente e che per di più stinge? Occorre “desiderare” l’oggetto da comprare e non verificarne le qualità e l’efficienza.  Tratteggiare i possibili difetti di un prodotto o elencarne i punti deboli non rientra in nessuna strategia di marketing. Ed in questo supermarket globale che è diventato il nostro pianeta, la politica non poteva che adottare gli stessi codici persuasivi e seduttivi, care alle agenzie pubblicitarie. Il candidato più che per le sue doti morali e politiche è proposto all’attenzione dell’elettore come un oggetto “in vetrina”, al pari di una lavastoviglie, di una scatola di biscotti o di formaggini. Rendere una persona un prodotto, questo è l’obiettivo nascosto e sotterraneo di ogni campagna pubblicitaria. Ma prima di essere consumata ogni merce, si sa, deve essere trasformata in immagine. Ciò spiega l’invasione nelle città di migliaia di volantini e di manifesti che ritraggono i corpi desideranti dei candidati in cerca di voto. Italo Bocchino, con la sua faraonica campagna elettorale ha tappezzato la città con il suo volto sorridente (?) e il suo pugno chiuso, tenuto a mezz’aria, come espressione di forza, di lotta e di battaglia. Ma anche lui, come tutti, è un politico in vendita, merce da consumare, esente da qualsiasi imperfezione ed impurità, alla stessa stregua di un detergente per il viso o di una bottiglia d’acqua minerale. Non importa se è poco fotogenico e con lo sguardo fisso nel vuoto!  Eppure, l’elezione del “candidato-merce” non è così automatica e, statisticamente è stato dimostrato che più è dispendiosa la campagna pubblicitaria è maggiormente è a rischio la sua elezione.  Partendo da alcuni assiomi fondamentali del marketing pubblicitario, proverò a dimostrare come la propaganda elettorale sia inutile ed “ininfluente” sulle decisioni dell’elettorato.

Primo: Tutti noi tendiamo ad esporci ad un’informazione “selettiva” (un elettore di sinistra sceglie di leggere un giornale di sinistra e quello di destra uno di destra) ed a ricercare, “difensivamente” quelle informazioni che confermano il nostro punto di vista. Inconsciamente, siamo spinti, quindi, ad evitare quelle informazioni che potrebbero metterci in una condizione di conflitto. Nel corso di una tribuna elettorale tenderemo, quindi, a condividere il pensiero del candidato dello schieramento a noi vicino e a non “prestare ascolto” alle affermazioni del politico avversario. Da ciò ne discende che la persuasione non è quella che un messaggio fa alla persona ma quello che una persona fa del messaggio.  Secondo: Comunemente si crede che il candidato centri la propria propaganda nel dimostrare agli elettori le inesattezze, le falsità e gli errori commessi dai suoi avversari politici. Balle! Ogni candidato è consapevole della “reale” difficoltà di far mutare opinione all’elettore dello schieramento opposto. La strategia che adotta è dunque “autoreferenziale” ed orientata a “persuadere” principalmente gli elettori del suo stesso schieramento. Per raggiungere questo obiettivo non gli resta che l’illusione di aver marcato “etologicamente” il territorio al solo scopo di togliere “visibilità” ad un altro candidato che potrebbe pescare nel suo stesso schieramento. Terzo: Molti anni fa un’indagine di mercato scoprì che il numero delle vendite della automobili aumentava quando nei saloni d’esposizione dei concessionari era esposta una decappottabile. Conti alla mano, il dato reale era che i visitatori compravano per lo più delle berline. Il motivo? Il visitatore associava la decappottabile alla libertà, al sogno, all’avventura ma dentro di sé sapeva che la berlina simbolicamente rappresentava quello che lui era in realtà: una persona normale, tranquilla, legato alla routine ed alla normalità quotidiana. Come il consumatore medio, anche l’elettore ama sognare ma, alla fine, gratta-gratta, preferisce la stabilità Primo: Tutti noi tendiamo ad esporci ad un’informazione “selettiva” (un elettore di sinistra sceglie di leggere un giornale di sinistra e quello di destra uno di destra) ed a ricercare, “difensivamente” quelle informazioni che confermano il nostro punto di vista. Inconsciamente, siamo spinti, quindi, ad evitare quelle informazioni che potrebbero metterci in una condizione di conflitto. Nel corso di una tribuna elettorale tenderemo, quindi, a condividere il pensiero del candidato dello schieramento a noi vicino e a non “prestare ascolto” alle affermazioni del politico avversario. Da ciò ne discende che la persuasione non è quella che un messaggio fa alla persona ma quello che una persona fa del messaggio.  Secondo: Comunemente si crede che il candidato centri la propria propaganda nel dimostrare agli elettori le inesattezze, le falsità e gli errori commessi dai suoi avversari politici. Balle! Ogni candidato è consapevole della “reale” difficoltà di far mutare opinione all’elettore dello schieramento opposto. La strategia che adotta è dunque “autoreferenziale” ed orientata a “persuadere” principalmente gli elettori del suo stesso schieramento. Per raggiungere questo obiettivo non gli resta che l’illusione di aver marcato “etologicamente” il territorio al solo scopo di togliere “visibilità” ad un altro candidato che potrebbe pescare nel suo stesso schieramento. Terzo: Molti anni fa un’indagine di mercato scoprì che il numero delle vendite della automobili aumentava quando nei saloni d’esposizione dei concessionari era esposta una decappottabile. Conti alla mano, il dato reale era che i visitatori compravano per lo più delle berline. Il motivo? Il visitatore associava la decappottabile alla libertà, al sogno, all’avventura ma dentro di sé sapeva che la berlina simbolicamente rappresentava quello che lui era in realtà: una persona normale, tranquilla, legato alla routine ed alla normalità quotidiana. Come il consumatore medio, anche l’elettore ama sognare ma, alla fine, gratta-gratta, preferisce la stabilità all’incertezza. Un ultimo consiglio da dare ad Italo Bocchino ed agli altri politici nostrani? In questa tornata elettorale non gettate via tanti soldi.

 

La Voce della Campania – Numero 3- Marzo 2005

 

 

 

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