Il deserto dei tartari di Valerio Zurlini – Italia – 1976 . Durata 150’

16 Gennaio 2020 | Di Ignazio Senatore
Il deserto dei tartari di Valerio Zurlini – Italia – 1976 . Durata 150’
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Vittima di uno scherzo del destino il sottotenente Giovan Battista Drogo (Jacques Perrin) appena ventenne è spedito alla Fortezza Bastioni, un avamposto del morente impero austro-ungarico collocato in mezzo al deserto dei Tartari. La guarnigione vive con febbrile nell’attesa di un eventuale attacco del fantomatico nemico ma, anno dopo anno, le giornate si susseguono inesorabilmente, l’una eguale all’altra. Drogo accetta, disciplinatamente, la destinazione di Bastioni ma già quattro mesi dopo scalpita e chiede al dottor Rovin (Jean Luis Trintignant) di redigere un certificato che lo aiuti a lasciare la fortezza. Il generale (Philippe Noiret) fa visita a Bastioni ma Drogo non trova il coraggio di farsi firmare il trasferimento e quando ormai è deciso a partire gli comunicano che non è più possibile essere distaccati da quella fortezza. Il tempo scorre immutabile senza l’ombra di un attacco nemico e dopo il capitano Hortiz (Max Von Sidow), il maggiore Mattis (Giuliano Gemma) ed il colonnello Giovanbattista Filimore (Vittorio Gassman) tocca a Drogo divenire il responsabile della fortezza. E proprio quando occorre respingere l’assalto del nemico, uno strano male gli fiaccherà lo spirito ed il corpo. Esautorato dall’incarico, muore non appena mette piede fuori dalla fortezza.

Il film è incentrato intorno al tema della vita come attesa, come rinuncia alla lotta, come accettazione di un fluire passivo ed immutabile degli eventi. Sin dalle prime battute Zurlini descrive la lenta agonia a cui va incontro il protagonista. Giovane, baldanzoso, entusiasta e pieno di energie, prima di avvistare la fortezza, Drogo s’imbatte nel capitano Hortiz che lo mette, immediatamente, di fronte alla dura realtà: “E’ un avamposto morto, una frontiera che s’affaccia sul niente. Al di là della fortezza c’è un deserto e dopo il nulla; il deserto dei Tartari” Più che simbolo dell’ignavia e dell’incapacità di assumersi le proprie responsabilità,. Drogo è un eroe tragico, vittima del male di vivere, di quel sottile morbo che rode dentro le carni e spegne giorno dopo giorno, sogni ed entusiasmi. Il deserto che circonda la fortezza funge da cornice ideale e sottolinea ancor più l’estraneità al mondo del protagonista. Dal romanzo omonimo di Dino Buzzati. Nastro d’argento e David di Donatello 1977.

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