Il fascino delle location cinematografiche

28 Gennaio 2023 | Di Ignazio Senatore
Il fascino delle location cinematografiche
Senatore giornalista
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Un tempo, per ragioni commerciali le pellicole venivano girate negli Studios. Hollywood la faceva da padrona e Cinecittà le teneva fieramente testa. In questi luoghi di culto tutto era ricostruito fedelmente; palazzi, strade, fontane, mare e persino le montagne.

Ci fu poi la Nouvelle Vague che riscoprì la lezione del Neorealismo italico, e decretò nuovamente il bisogno di riprendere la macchina da presa in spalla e di filmare, dal vivo, la realtà. Negli Anni Sessanta, per dare un certo appeal ai B-movie italiani, i registi nostrani furono costretti a girare in giro per l’Europa e ambientare una vicenda a al’estero, piuttosto che in una cittadina italica, ammantava di un certo fascino la pellicola e, grazie alle co-produzioni, era anche garantito un certo ritorno economico. Nacquero allora le classiche location serializzate; Montecarlo per i film sul gioco d’azzardo; il deserto spagnolo per gli spaghetti western e Napoli per i musicarelli. Ci sono poi autori che ritornano, ossessivamente, sui luoghi d’infanzia e chi non mette mai il naso fuori dalla propria città natale ed altri ancora che, ispirati da un luogo, non possono ambientare la stessa storia in nessuno altro posto del mondo.

“Devi andare dove i film ti costringono ad andare anche se fai fatica a trovare quel posto che hai nella tua mente.” mi diceva, tempo fa, Giuseppe Tornatore. Sulla sua stessa lunghezza d’onda è certamente Wim Wenders che in un‘intervista mi disse:

Quando faccio un film è perché sento che ho una necessità. Quello che mi è sempre capitato da quando ho iniziato a girare i primi film è che amo viaggiare e quando mi trovo in un luogo se sento che questo mi attrae e che riesco ad avere un rapporto particolare con quel posto, allora inizio a pensare ad una storia da raccontare. Improvvisamente la storia mi viene e so che può essere raccontata solo in quel luogo. Non nasce dentro di me prima la storia e poi il luogo dove girarla ma il contrario.” 

Chi conosce la produzione cinematografica di questo regista giramondo sa che non sarebbe mai potuto esistere L’amico americano senza Amburgo, “Paris, Texas senza i deserti californiani, The Million dollar hotel senza Los Angeles, Hammett, indagine a Chinatown senza San Francisco e Buena vista social club  senza Cuba.

Nei road movie il vero protagonista della pellicola è la strada, spazio illusorio dove i protagonisti scorazzano, liberi e senza meta, a bordo di moto fiammeggianti e di eleganti decappottabili. Novelli cow-boy, dopo aver dato un taglio netto alle loro famiglie d’origine ed al bigotto e convenzionale mondo borghese, una volta entrati in contatto con la natura selvaggia ed incontaminata, si spogliano dei loro tabù e delle loro frustrazioni.

Il western, dal canto suo, deve la propria fortuna al mito della Nuova Frontiera ed alla corsa dell’oro. Un genere fatto di polverosi saloon, di banditi dal grilletto facile, di biscazzieri di mezza tacca, di assalti alle diligenze e dei sanguinari scontri tra indiani e cow-boy. Ma, a ben vedere, al di là di questi stereotipati codici iconografici, la vera spina dorsale di questi film sono i verdi pascoli, le infinite praterie, gli assolati deserti, i rigogliosi fiumi con le rapide rapide sguscianti e le maestose cascate. E che dire dei catastropher-movie e dei film ispirati ai paesaggi naturali? E se alcuni generi cinematografici, hanno tratto la loro linfa dagli spazi aperti e dagli spettacolari panorami della natura. all’opposto, alcuni generi cinematografici sono caratterizzati da ambientazioni claustrofobiche; i noir prediligono gli interni notturni solcati da strisce d’ombra e di luce, i gotici gli oscuri e misteriosi meandri dei castelli, gli horror le delle case infestate da fantasmi.

Articolo pubblicato su il Corace – Gennaio 2023

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