Il profumo della signora in nero di Francesco Barilli – Italia – 1974- Durata 105′

13 Gennaio 2022 | Di Ignazio Senatore
Il profumo della signora in nero di Francesco Barilli – Italia – 1974- Durata 105′
Schede Film e commento critico di Ignazio Senatore
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Silvia Hachermann (Mimsy Farmer) per dimenticare il passato che la tormenta, s’immerge totalmente nel lavoro. Una sera un professore di sociologia le parla di alcuni riti di magia nera praticati in Africa e quegli accenni all’occulto, alle tenebre e ai sacrifici umani, provocano in lei un forte turbamento. Da quel momento in poi inizia ad allucinare una scena erotica del passato che aveva come protagonista la madre defunta e Nicola (Orazio Orlando), il suo amante. La rapida e inarrestabile discesa nella follia porterà Silvia a lanciarsi nel vuoto. In un finale da incubo si scoprirà che Nicola, il suo fidanzato, Roberto e il signor Rossetti (Mario Scaccia), un  premuroso vicino di casa, avevano tramato per farla impazzire, per poi divorare il suo corpo in un cannibalico rito collettivo.

Il film di Barilli è (forse) l’opera più sottovalutata del periodo d’oro del giallo psicologico italiano. Film rarefatto e d’atmosfera è ricco di passaggi narrativi volutamente scompaginati per rendere ancora meno lineare la trama. La pellicola è un flusso onirico costante e ininterrotto al punto che il regista ci mostra Silvia che uccide Rossetti, Nicola e Roberto il suo fidanzato, ma solo dopo qualche sequenza si scoprirà che i delitti erano il prodotto delle sue allucinazioni. Un vaso in stile liberty esposto in un negozio d’antiquariato costringerà la protagonista a disseppellire dalla propria mente quella scena erotica che aveva rimosso e che aveva scombussolato talmente la sua mente da indurla ad uccidere la madre facendola precipitare nel vuoto. “Occorre tempo e pazienza per entrare in un cervello. è una prova di forza mentale dell’uomo contro la sua debolezza”. Questa frase pronunciata dal professore africano, esperto in riti magici, scalfirà definitivamente il precario equilibrio psicologico della protagonista. Man mano che Silvia regredisce nel tempo faranno la comparsa sulla scena un suo vecchio diario, un carillon, un gatto nero che lei amava tanto e una dolce bambina in abito bianco che risulterà essere la visualizzazione della sua parte infantile. E sarà proprio la tenera e affettuosa bambina che prenderà il sopravvento su di lei e la libererà dai suoi sensi di colpa, invitandola a lanciarsi nel vuoto insieme a lei. Il titolo del film è un chiaro riferimento a un’allucinazione di Silvia che, in camera sua, immagina la madre, vestita in nero, mentre si spruzza il profumo.

Per i rimandi filmografici, le schede film ed un esaustivo approfondimento sul tema si rimanda ai volumi “Cinema Mente e Corpo” e “Cinema (italiano) e psichiatria” di Ignazio Senatore – Zephyro Edizioni.

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