Ignazio Senatore intervista JOE BARBIERI: UN NAPOLETANO CHE SUONA JAZZ COME FOSSE A CAPOCABANA

3 Dicembre 2020 | Di Ignazio Senatore
Ignazio Senatore intervista JOE BARBIERI: UN NAPOLETANO CHE SUONA JAZZ COME FOSSE A CAPOCABANA
Senatore giornalista
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“Metti insieme una mano destra bianca ed una mano sinistra nera e cosa ne viene fuori? Figliolo, viene fuori il rock and roll”. E’ quanto affermava Jerry Lee Lewis nel travolgente Great balls of fire. Joe Barbieri, talentuoso musicista napoletano mescola, invece, jazz e musica brasiliana. Una ghiotta occasione per parlare della sua avvolgente musica.   

Come nasce la sua passione per le sette note?

Ricordo che a cavallo del passaggio dalla scuola elementare e quella media, avevo dieci anni, chiesi come regalo di promozione, una chitarra. Non sapevo suonarla e, per lungo tempo, accarezzavo le corde e producevo dei suoni un po’ ripetitivi che però mi piacevano. A quattordici anni scrissi assieme ad un mio amico la mia prima canzone, di cui non ricordo neppure il titolo e a sedici ero già iscritto alla SIAE. Mi sono diplomato in informatica, mi sono iscritto alla Facoltà di Lettere dove ho dato un esame e poi l’incontro con Pino Daniele fu la svolta decisiva della mia vita perché, negli anni Novanta, decise di produrre i miei primi due dischi. E da allora ho proseguito la mia carriera di musicista.”

I titoli. delle sue canzoni sono molto evocativi. Penso a “Itaca”, a “Chiedi alla polvere”, che rimanda, inevitabilmente, all’omonimo romanzo di John Fante…

Ha citato due brani che fanno parte di Cosmonauta d’appartamento, un album dedicato al poeta greco Konstantinos Kavafis. Coltivo il gusto della lettura e del cinema e, inevitabilmente, queste suggestioni finiscono nelle mie canzoni. Era un album quello, come anche altri miei lavori, che tendeva alla ricerca di un centro e proponeva una sorta di viaggio interiore.”

Se si scorrono i nomi degli artisti con i quali ha collaborato spiccano quelli noti ad un certo pubblico d’elite

“La mia non è un preclusione verso determinati artisti. E’ evidente che mi trovo maggiormente a collaborare con chi condivide dei territori comuni. Penso a Sergio Cammariere, Peppe Servillo,  Srefano Bollani, Tosca, Giorgia, Mario Venuti, Omara Portuondo di Buena Vista Social Club, Peppe D’Argenzio e Petra Magoni del duo Musica Nuda. Ricordo che Vinicius de Moraes diceva: “La vita è l’arte dell’incontro”. Se si creano certi presupposti per collaborare anche con artisti più noti al grande pubblico, ben vengano. Io non mi precludo nessun incontro.”

Pur essendo nato all’ombra del Vesuvio , sono pochi i brani che canta in napoletano

E’ vero. Ne ho scritti due; uno è nel primo album e il secondo “E vase annure” è in un album del 2002.

E’ da sempre un produttore indipendente e ha fondato nel 2003 la casa discografica Microcosmo Dischi con la quale incide i suoi dischi. Quali sono i suoi progetti futuri?

Essere stato il produttore di me stesso mi ha permesso una maggiore libertà e soprattutto mi ha spinto a varcare i confini nazionali. I miei dischi, infatti, sono stati venduti in Canada, in Germania e in altri paesi stranieri. Da un po’ di tempo ho scoperto il piacere di suonare da solo locali nei quali mi esibisco, senza la mia band, e sto pensando di comporre musica per orchestra.”

 

 Articolo pubblicato sulla Rivista Dodici – Ottobre – Novembre

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