Vienna. Fine del secondo conflitto mondiale. Jojo (Roman Griffin Davis) ha dieci anni e vive con la madre (Scarlett Johansson) a Vienna. Il suo sogno? Diventare un perfetto soldato tedesco ed essere al fianco di Adolf Hitler, suo amico immaginario, che evoca nei momenti di incertezza e di difficoltà. Tratto dal romanzo omonimo di Christine Leunens, il film, diretto da Taika Waititi, (anche attore nei panni di Hitler), ha un inizio fulminante quando mostra il piccolo protagonista che, per “diventare uomo”, partecipa ad un’esercitazione dove deve marciare, lanciare granate e bruciare libri. Il tono è grottesco ma lo script, dopo aver estremizzato il fanatismo tedesco e strappato qualche risata per la delirante demonizzazione degli ebrei, per l’ingresso in campo di Elsa, una ragazzina ebrea, che la madre di Jojo, nasconde in casa, si trasforma in un zuccheroso, prevedibile e pedante inno all’amicizia e alla fratellanza universale. Il titolo fa riferimento a quando il timido e impacciato Jojo si rifiuta di uccidere, durante l’esercitazione, un coniglietto.
Recensione pubblicata sulla Rivista Segnocinema N. 225 – Settembre- Ottobre 2020
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