La follia nel cinema (italiano)

25 Maggio 2015 | Di Ignazio Senatore
La follia nel cinema (italiano)
Articoli di Ignazio Senatore sui rapporti tra Cinema e psiche
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Nel rimandare il lettore al mio volume ” Cinema (italiano) e psichiatria”, pubblicato da Zephyro Edizioni (2013) , In questo articolo proverò ad analizzare le pellicole più significative prodotte dalla cinematografia italiana, dagli Anni Cinquanta ai giorni nostri, che mettono in scena i luoghi della cura psichiatrica (manicomi, cliniche private, dipartimenti di Salute Mentale, strutture di riabilitazioni, manicomi giudiziari) e le diverse figure che operano nel campo della salute mentale (psichiatri, psicoanalisti, psicoterapeuti, psicologi, neuropsichiatri infantili).

Rossellini, Visconti, Bellocchio, Moretti, Petri, Cavani, Lizzani, Ferreri, Giuseppe Bertolucci, Faenza, Scola, Brass, Del Monte, Bolognini, Calopresti, Capuano sono alcuni tra gli autori più rappresentativi che hanno tratto ispirazione da questi temi. Non vanno, altresì, dimenticati registi come Monicelli, Risi, Verdone, Troisi, Nuti, Benigni, cantori della commedia all’italiana ed Argento, Bava, Fulci, Lenzi, maestri delle pellicole giallo-horror.

Pur consapevole che è sempre difficile incasellare ciascun film in un genere specifico, è possibile affermare che la maggioranza sono d’appannaggio del cinema d’autore, seguite da quelle che s’ispirano al genere commedia ed, infine, da quelle che affondano in diversi generi dal giallo-horror, al thriller, all’erotico.

E’ interessante notare come negli Anni Cinquanta, escluso Europa 51, il magistrale capolavoro di Roberto Rossellini, la totalità dei film prodotti sono commedie di cassetta, girati all’interno di manicomi ed interpretate da mostri sacri come Totò, Peppino De Filippo e Nino Manfredi.

Negli Anni Sessanta, al fianco delle esilaranti commedie dirette da Dino Risi, Mario Monicelli, Ettore Scola, grazie ai talenti anarchici e ribelli di Tinto Brass, Marco Bellocchio e Roberto Faenza iniziano a comparire sullo schermo i primi attacchi alla psichiatria custiodalistica (Action, Matti da slegare, Escalation…) e repressiva e pellicole come Diario di una schizofrenica di Nelo Risi che narrano di un trattamento analitico a cui si sottopone una giovane ragazza sofferente e fragile emotivamente.

Negli Anni Settanta assistiamo ad un vero exploit di questo genere di pellicole sui temi relativi alla sofferenza mentale ed al fianco di quelle dirette da maestri come Elio Petri, Liliana Cavani, Mauro Bolognini, Alberto Lattuada vanno segnalate quelle firmate da Dario Argento e da Lucio Fulci. Ma, in quegli anni, più di qualsiasi pellicola a squarciare l’immaginario collettivo fu lo straordinario documentario Matti da slegare girato nel 1975 da Silvano Agosti, Marco Bellocchio, Stefano Rulli, Sandro Petraglia, girato in 16 mm nel manicomio di Colorno e finanziato dalla provincia di Parma che mostrava l’isolamento affettivo e le condizioni disumanizzanti nei quali erano costretti a vivere i poverti ricoverati.

Gli Anni Ottanta furono caratterizzati dalla definitiva consacrazione del talento di Nanni Moretti e dalle zampate di due vecchi leoni come Marco Ferreri e Mario Monicelli e dalla forte presenza autoriale di Marco Bellocchio che spiazzò critica e spettatori con le sue pellicole criptiche e fortemente simboliche ma lasciano il segno pellicole come La ragazza di Trieste di Pasquale Festa Campanile

Negli Anni Novanta, come nel decennio precedente, osserviamo un calo di pellicole sui temi cari alla psichiatria ed alla psicoanalisi e, messe da parte Cattiva di Carlo Lizzani e Senza pelle di Alessandro D’Alatri, assistiamo all’esplosione dei talenti comici di Carlo Verdone, di Roberto Benigni ed a quello in salsa horror di Dario Argento.

Negli Anni Duemila, oltre alle riconferme di Verdone, al ritorno dietro la macchina da presa di Silvano Agosti con La seconda ombra, il toccante film dedicato alla figura di Franco Basaglia ed allo straziante La stanza del figlio di Moretti, vanno segnalati le pellicole intimiste di Peter Del Monte, di Mimmo Calopresti e di Roberto Faenza Faenza. Dopo aver segnalato il successo internazionale de La meglio gioventù di Marco Tullio Giordana, sceneggiato da Rulli, Sandro Petraglia questo breve excursus si chiude con due pellicole recentemente apparse sullo schermo; L’uomo di vetro di Stefano Incerti e Piano, solo di Riccardo Milani, Il papà di Giovanna di Pupi Avati.

Schematicamente le pellicole sono state raggruppate per temi e suddivise in tredici capitoli. Ai lettori non resta che augurare buona visione.

 

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